22.07.2025
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gli deve 391mila euro. Condannate moglie e figlie di Carlo


Con la “International Video 80” i fratelli Vanzina hanno prodotto negli ultimi 40 anni decine di film diventati dei cult della commedia all’italiana, dell’arte di far ridere: da “Selvaggi” a “Febbre da cavallo-La Mandrakata”. Ora, paradossalmente, proprio quella società, che con i suoi tormentoni ha portato tanto buon umore nelle sale cinematografiche, è causa di malumori familiari ed è al centro di una battaglia giudiziaria tra Enrico Vanzina e la cognata Elisabetta Melidoni. La moglie di Carlo Vanzina e le due figlie, Isotta e Assia, sono state condannate lo scorso 27 maggio dal Tribunale di Roma a restituire alla “International Video 80”, «ognuna secondo il proprio titolo ereditario», la somma complessiva di 391.846 euro, oltre alle spese e agli interessi legali. Si tratta di soldi che il regista, deceduto l’8 luglio di 7 anni fa, aveva preso in prestito «per necessità personali e di famiglia» dal 2016 al 2018. Enrico Vanzina, come legale rappresentante della società, glielo aveva concesso, proprio in virtù della simbiosi professionale e affettiva che li legava. Ma dopo la scomparsa di Carlo, all’età di 67 anni, suo fratello aveva chiesto alla cognata di rimettere a posto i conti dell’azienda di cui Melidoni, insieme alle figlie, detiene la quota maggioritaria, pari al 45%. Enrico possiede il 40%, mentre il restante 15% è diviso tra due soci.

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LA CAUSA

Prima che si aprisse il contenzioso giudiziario c’erano stati dei tentativi bonari di conciliazione. Il professore di Economia e gestione delle imprese dell’università “La Sapienza”, Corrado Gatti, aveva consultato i bilanci societari riconoscendo l’esistenza di un debito da parte delle eredi di Carlo Vanzina. Ma non è bastato neanche questo per convincere la signora Melidoni. Così, nel 2020, Enrico Vanzina — difeso dall’avvocato Antonio Conte — ha citato in giudizio sia la cognata che le sue due nipoti, Isotta e Assia, chiedendo che venissero condannate a restituire 393.819 euro alla società di produzione «per l’ingiustificato arricchimento» del fratello defunto. Melidoni e le figlie si sono difese, attraverso gli avvocati Niccolò Maria de Mattei e Giancarlo Mancuso, sostenendo che avevano accettato l’eredità «con beneficio di inventario», che non c’erano prove che Carlo Vanzina avesse usato la carta di credito aziendale o avesse fatto prelievi di cassa per spese personali, ma che al contrario aveva effettuato «plurimi finanziamenti» nei confronti della società, mai restituiti. Fino al punto di ritenere apocrife le sue firme sulle scritture private. Il collegio della sedicesima sezione del Tribunale di Roma ha nominato un consulente tecnico d’ufficio per «verificare la rispondenza delle rispettive pretese creditorie». E il ctu ha elencato tutte le somme che il regista defunto aveva preso a credito, fino ad arrivare al totale di 391mila euro che le eredi dovranno essere restituito alla “International Video 80”. Secondo i giudici, Elisabetta Melidoni, «pur essendo conscia» che il marito fosse titolare di plurimi conti correnti bancari (dove faceva affluire i proventi del diritto d’autore dei suoi film), «è stata reticente in sede di redazione di inventario, così come sono stati genericamente indicati i mutui che graverebbero sull’eredità».

IL PENALE

Nel corso del contenzioso civile, Melidoni ha denunciato il cognato per tentata truffa, proprio per la somma che lui le aveva intimato di restituire e di cui lei sosteneva non sapere nulla. La Procura di Roma ha chiesto l’archiviazione, alla quale lei si è opposta, ma il gip ha archiviato definitivamente la posizione di Enrico Vanzina, difeso sul fronte penale dell’avvocato Carlo Longari. Nel frattempo però il regista e scrittore ha denunciato la cognata per calunnia: il pm ha chiesto l’archiviazione, Vanzina si è opposto e ora, entro metà agosto, il gip dovrà decidere.

«Da quando è iniziata la disputa con la signora Melidoni, continuando a vivere un profondo dolore per la scomparsa di Carlo, non ho mai voluto fare dichiarazioni. Per me contano solo le verità processuali acclarate — ha commentato Enrico Vanzina — In sede civile Melidoni è stata condannata a restituire il suo debito, non a me, ma alla nostra società. Debito risultante da una perizia contabile richiesta dal Tribunale. Sul fronte penale, invece, la sua denuncia contro di me è stata archiviata e respinta la sua opposizione».


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