17.05.2025
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Gina Lollobrigida, così il tuttofare Piazzolla l’ha raggirata: «Si fingeva angelo custode»


Andrea Piazzolla, l’ex factotum di Gina Lollobrigida, ha compiuto negli anni «una articolata e potente opera di suggestione e di induzione» nei confronti dell’attrice, «consistita nella costruzione e nel progressivo rafforzamento ai suoi occhi della propria immagine come quella del suo unico protettore e amico, del suo angelo custode, dell’unico possibile baluardo e sostegno contro i nemici».

Lo scrive il giudice Marco Marocchi nelle motivazioni della sentenza con cui il 13 novembre scorso ha condannato il 36enne romano a 3 anni di reclusione con l’accusa di circonvenzione di incapace per aver sottratto diversi milioni di euro al patrimonio della Lollo. Tale opera di persuasione è stata «talmente potente ed efficace, complice anche l’età molto avanzata della vittima», spiega il giudice dell’ottava sezione penale monocratica, «da determinare la totale ostinata dismissione» da parte della diva «di qualsivoglia vaglio critico dell’operato dell’imputato», così da indurla «a consegnargli le chiavi dell’intera sua ricchezza immobiliare e mobiliare», allontanandola dai suoi familiari, a cominciare dal figlio Milco Skofic (costituitosi parte civile nel processo e difeso dall’avvocato Michele Gentiloni Silveri).

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IL PIANO
Nella sentenza vengono elencati tutti i passaggi che hanno consentito a Piazzolla di portare a compimento il suo “piano”: «la nomina ad amministratore unico della Vissi d’Arte srl, la delega ad operare su tutti i conti correnti, l’ampio mandato fiduciario ad amministrare ed implementare il patrimonio della vittima attraverso la compravendita e la locazione finanziaria di veicoli e gli altri investimenti che avesse reputato profittevoli». Tutto questo «senza neppure interpellare in merito la Lollobrigida — precisa il giudice — come nel caso dell’acquisto e della rivendita di autoveicoli con distrazione del ricavato». «Tornando a battere sul delicato tasto dei tratti di personalità paranoide» dell’attrice, il tuttofare le prospettava «falsamente la necessità di vendere gli immobili di via San Sebastianello per liberarsi di un cespite asseritamente fonte di soli costi e per pagare un debito tributario di poche migliaia di euro per evitare il pignoramento della villa».

Per il Tribunale «emerge con chiarezza l’assoluta irrazionalità degli atti di disposizione patrimoniale posti in essere dalla persona offesa in favore dell’imputato». Piazzola aveva sviluppato con la diva «già a partire dall’anno 2010 e via via più significativamente, fino alla situazione di convivenza sotto lo stesso tetto protrattasi fino al decesso della persona offesa, un rapporto molto stretto, quotidiano, prolungato ed esteso ad ogni ambito della vita di quest’ultima». L’ex collaboratore ha indotto l’attrice (morta il 16 gennaio 2023) «a compiere in favore suo e dei suoi genitori — scrive il giudice — senza la prescritta forma dell’atto notarile alla presenza di due testimoni, importanti donazioni di denaro del tutto sproporzionate ai meriti ricompensati determinanti un progressivo, significativo assottigliamento della sua ricchezza mobiliare e effettuate senza curarsi dell’adempimento di obbligazioni contratte verso terzi per importi elevatissimi, nonché ad affidargli la gestione dell’intero suo patrimonio senza svolgere alcun effettivo controllo sulla bontà e convenienza delle operazioni compiute».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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