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Forza Italia si “affranca” dai fondi dei Berlusconi


Il messaggio è stato infilato in due righe dentro a un comunicato. Ma è arrivato dritto dritto ad Arcore. Dove è stato accolto, pare, con un certo sollievo. Forza Italia fa da sé. O almeno ci prova. Giovedì scorso il partito azzurro ha approvato il nuovo bilancio durante la segreteria con Antonio Tajani. E tra una discussione (animata) sull’ospitata di Fedez al congresso dei giovani, oggi all’Eur, e un dibattito sulla legge elettorale ha deciso di dare un segnale all’esterno.

I CONTI

Il bilancio appena spedito alla commissione di garanzia, mette a verbale FI, segna «un cambio di passo e conferma la sostenibilità economica e organizzativa del partito».

Sostenibilità. È questa la parola chiave che ha fatto rizzare le antenne alla famiglia Berlusconi, informata prima di quel comunicato. Come anche a Palazzo Chigi dove la sostenibilità politica — e dunque prima ancora finanziaria — del partito che fu di Silvio è un dossier attenzionatissimo ai piani alti del governo. A partire da Giorgia Meloni e dal suo partito dove come è noto non tutti simpatizzano — eufemismo — con gli umori politici degli eredi Berlusconi. Tajani insomma fa sapere urbi et orbi che Forza Italia non dipende più, almeno non del tutto, dalle casse della famiglia Berlusconi. Lo dice da tempo. Ma oltre a dire, il segretario e vicepremier si è rimboccato le maniche e ha iniziato a fare. Nella spola tra Roma e Milano incontra di continuo imprenditori. Cene, caffè, telefonate.

L’ultimo blitz lunedì sera, dopo il pranzo a tre a Palazzo Chigi con Meloni e Matteo Salvini. Alcuni di loro sono stati ingaggiati per dare manforte alle casse del partito di San Lorenzo in Lucina. Una cordata di “capitani” che ha visto via via in questi mesi spuntare nuovi mecenati azzurri. Generosissima nei versamenti mensili è Letizia Moratti, l’ex sindaca di Milano ora eurodeputata. Come anche Gianfranco Librandi, imprenditore già renziano doc che puntualmente mette la firma su finanziamenti a quattro zeri (solo nel 2025, già 70mila euro). E la famiglia? Che fine hanno fatto i fondi dei Berlusconi? È una domanda che ha ripreso a circolare fra le prime file del partito in questi giorni. In sottofondo, un sibilo di paura. Già perché sono appena usciti i versamenti di maggio e dei fondi della famiglia, al momento, non c’è traccia. Niente. Eppure gli altri anni erano lì, puntuali e svizzeri. Centomila euro a testa bonificati dai cinque figli del fondatore: Luigi, Eleonora, Barbara, Pier Silvio e Marina. Stessa cifra da Maurizio Vanadia, marito della “Cavaliera”. Come, all’incirca, da Marta Fascina, l’ex compagna del Cav che ha ereditato 100 milioni di patrimonio e abita le stanze di Arcore (raramente si fa vedere a Montecitorio e al partito ora mugugnano: nei mesi le hanno ridotto fino a un terzo le “giustificazioni” per le assenze).

Che succede? Nulla, giurano i colonnelli tajanei che vigilano sui conti e anzi leggono in questo ritardo nei pagamenti un segnale positivo, altroché. «Di solito la famiglia dava un contributo in vista delle campagne elettorali, solo le politiche sono costate più di un milione di euro — sussurra una prima linea — e poi ora la situazione è cambiata».

Questo di certo è il messaggio che Tajani, d’intesa con i Berlusconi, ha fatto incidere in quelle poche righe di comunicato giovedì. «La gestione oculata delle risorse e un sensibile aumento delle entrate, unite a una struttura organizzativa snella e orientata all’efficienza, ha permesso a Forza Italia di rafforzare la propria presenza sul territorio senza gravare sui conti». Per la serie: ora ci pensiamo noi. Un segnale ai “gufi” fuori e dentro la maggioranza che prevedevano, con la dipartita del fondatore, la lenta eutanasia della sua creatura politica, appesa ai fondi della famiglia.

IL SEGNALE ESTERNO

Ovviamente le cose non sono così semplici. Sul groppone di Fi restano i debiti — nell’ordine di decine di milioni — per cui garantiscono ancora i Berlusconi e sarà questo un onere, nei piani di Tajani e dei suoi, che graverà in futuro sui “capitani” pronti ad aprire il portafoglio. Nel frattempo ad aprirlo ci penseranno gli eletti di Forza Italia. Da quando è stato acclamato segretario nel febbraio del 2024 Tajani non dà loro tregua. Chi vuole essere ricandidato — è il monito scandito durante la segreteria giovedì — deve pagare la quota. Novecento euro minimo. Guai a chi salta un giro.

Funziona così ovunque, da quando sull’aiutino dello Stato non si può contare più. Meloni, come tutti i “Fratelli”, versa ogni mese mille euro. Salvini ne chiede ben di più ai leghisti: tremilaseicento. Così fan tutti. Ma Forza Italia, per la sua storia, è un caso a parte. E in quelle due righe c’è un segnale politico. Il partito fondato da Berlusconi è sempre meno il partito “dei” Berlusconi.

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