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Fisco, corrono le entrate, ma il Mef resta cauto: «Non ci sono tesoretti»


​​​​Una ventata di aria fresca per le casse dello Stato, tanto attesa quanto benefica. Molto positiva ma non certo risolutiva per chi, adesso, confida in una legge di Bilancio più in discesa. Nei primi sette mesi del 2024 le entrate tributarie erariali, accertate in base al criterio della competenza, hanno raggiunto quota 328 miliardi, con un aumento di 19,2 miliardi rispetto allo stesso periodo del 2023 (+6,2%). E a gonfiare le vele del fisco è stato soprattutto l’aumento del mercato del lavoro.

LE VOCI

Nell’ultimo anno gli occupati sono aumentati di quasi mezzo milione così che, alla voce imposte dirette, si registra un aumento di 14 miliardi di euro mentre per le imposte indirette si evidenzia un incremento di 5,1 miliardi. A dare una accelerazione alle entrate, già positive nel primo semestre (incremento di 10 miliardi) è stato il flusso dell’autoliquidazione di luglio. Irpef e Ires versate da lavoratori e imprese hanno infatti assicurato incassi per 70 miliardi di euro (+9 miliardi, pari a +14,7%).

Più nel dettaglio, le imposte dirette risultano pari a 51 miliardi euro (+9 miliardi, pari a +21,4%). Il gettito Irpef si è attestato a 24,3 miliardi di euro (+1,6 miliardi di euro, pari a +7,2%). L’Ires ammonta a 20 miliardi di euro (+10,1 miliardi di euro, pari a +103,4%). Bene, con riferimento al periodo gennaio-luglio, anche le entrate Iva, risultate pari a 93,4 miliardi di euro (+3,5 miliardi di euro, +4%).

E frutti dolci anche sul fronte della lotta all’evasione fiscale: il gettito derivante dall’attività di accertamento e controllo si è attestato a 8,4 miliardi (+2 miliardi di euro, pari a +32%). Questo turbine fiscale promette di alimentare le speranze di chi, all’interno della maggioranza che sostiene il governo, spera di poter costruire la prossima legge di Bilancio attingendo, almeno, in parte, a queste entrate.

Ma dal ministero dell’Economia frenano e negano l’esistenza di un «Tesoretto». Gli uomini vicini al ministro, Giancarlo Giorgetti, fanno infatti osservare che il presunto extragettito in realtà non esiste perché il flusso delle entrate è in linea con quanto previsto nel Def messo nero su bianco in primavera.

Insomma, nessuna illusione: il ministro Giorgetti, che alcuni giorni fa aveva parlato di «Manovra difficile», cerca già di allontanare il prevedibile assalto alla diligenza che si scatenerà in Parlamento in autunno. Peraltro, si fa notare dal ministero di Via XX Settembre, è certamente prematuro proiettare un miglioramento dei conti anche per il prossimo anno.

Certo le aspettative non mancano, ma i dati fiscali migliorano i conti di quest’anno, mentre ora l’attenzione è rivolta alle risorse che serviranno per la prossima manovra, che guarda al 2025. All’interno della maggioranza (soprattutto tra le fila di Lega e Forza Italia), tuttavia, sono convinti che qualche concessione, sul piano delle risorse, dal Tesoro potrebbe comunque arrivare. Il buon andamento delle entrate potrebbe alimentare qualche posta una tantum e c’è chi guarda, ad esempio, al «Bonus Befana» da 80 euro che dovrebbe arrivare nel 2025 e che è stato bloccato dalla Ragioneria proprio per mancanza di copertura. In ballo ci sono le famiglie monoreddito titolari di dichiarazioni dei redditi inferiori a 28 mila euro. Solo una suggestione, al momento.

La certezza è che, con i dati delle entrate fiscali sul tavolo entra nel vivo il lavoro del Mef per mettere a punto il Psb. Davanti c’è una settimana e mezza per definire le traiettorie di rientro attese da Bruxelles. E inizia già a trapelare qualche numero: secondo Bloomberg l’esecutivo punterebbe a portare il deficit sotto il 3% in un paio d’anni (al 2,9% nel 2026).

CAUTELA

Numeri che non trovano conferma al Tesoro, dove vige la massima cautela. Si rassicura invece sulla nuova programmazione prevista nel Piano strutturale di bilancio. «Non credo ci aspetteranno 7 anni di coperte corte», ha spiegato il sottosegretario Federico Freni, ma «anni di rispetto della programmazione e quindi di scelte politiche». Mentre sul fronte dei conti si attende anche il 23 settembre per vedere i conti annuali dell’Istat e la revisione del Pil degli ultimi 5 anni, il Psb sarà il primo step di avvicinamento alla manovra.

Una manovra che dipenderà anche da altre due importanti partite fiscali dalle quali ci si aspetta ulteriori risorse utili: la quinta rata della rottamazione quater in scadenza il 15 settembre prossimo e il concordato biennale preventivo al quale i lavoratori autonomi potranno aderire entro il 31 ottobre.

Michele Di Branco

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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