Sulle pagine di cronaca sono numerosi i casi di reati legati alla contraffazione di opere d’arte immesse sul mercato ufficiale. Tra gli ultimi, a fine giugno a Venezia un disegno falso spacciato per un Modigliani. Infatti le tecnologie anti contraffazione, anche le più sofisticate, non sembrano mai abbastanza per contrastare i falsari; una delle ultime novità proviene dal Politecnico di Milano, dove con il progetto Pypaint è stato sviluppato un set di inchiostri speciali contenenti nano materiali, invisibile anche ai microscopi elettronici più moderni, per certificare le opere d’arte con una semplice penna a sfera contenente il liquido. Ne abbiamo parlato con Carlo Spartaco Casari del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano e coordinatore di Pypaint.
Come è nato il progetto?
«Avevamo svolto un progetto sui documenti di identità, finanziato dall’Ue nell’ambito dell’European Research Council e ci è venuta l’idea di estenderlo al mercato dell’arte, perché sia in Italia che a livello europeo, la questione della contraffazione è molto sentita. Da qui abbiamo parlato con curatori, case d’asta ed alcuni artisti, e compreso che fosse un mercato difficile per le nuove tecnologie, perché abbastanza tradizionalista, fin quando non abbiamo appreso la notizia di un artista italiano, SkyGolpe, che aveva venduto un’opera digitale NFT per una cifra abbastanza alta. Lo abbiamo contattato e coinvolto nel nostro progetto».
Ancora oggi, nonostante i grandi progressi della tecnologia digitale, c’è bisogno di un inchiostro anti-contraffazione come il vostro. Le tecnologie esistenti non sono sufficienti?
«La questione vera è che non esistono tecnologie al 100% sicure, perché bisogna sempre cercare di essere un passo avanti rispetto ai contraffattori e quindi il punto è continuare a trovare soluzioni tecnologicamente avanzate, sempre più difficili da riprodurre. Ovviamente non è che il nostro inchiostro voglia sostituire tutti i sistemi di sicurezza, ma potrebbe essere un’alternativa ulteriore per rafforzare la verifica sulla veridicità di alcuni oggetti. Le faccio un esempio. Il passaporto europeo, che è molto sicuro, contiene una quarantina di sistemi di sicurezza di vario tipo, visibili o no, misurabili direttamente dall’agente in aeroporto oppure in laboratorio, eppure c’è l’interesse ad aumentare ulteriormente questo parco di tecnologie».
Quali sono le caratteristiche che rendono Pypaint ancora più sicuro contro la contraffazione?
«Si tratta di un inchiostro di cui si può decidere se la segnatura sia visibile o meno ad occhio nudo, perché possiamo anche partire da un normale inchiostro, aggiungendo il nostro nano-materiale attivo a base di carbonio, molto difficile sia di rilevare tramite analisi chimica o fisica che da replicare, anche per le sue dimensioni piccolissime, appena di pochi atomi, all’incirca un nanometro, un miliardesimo di metro».
Esiste un solo tipo di inchiostro?
«In realtà abbiamo realizzato un set di inchiostri diversi che possono avere lo stesso colore visibile, ma all’interno contengono segnature diverse con combinazioni elevatissime. Questo permette sia di creare un codice unico per quel prodotto o per quell’opera, sia un inchiostro unico per quell’artista».
E come viene letto l’inchiostro Pypaint?
«Serve un lettore ottico dedicato, simile a quello che legge il codice a barre. Si basa su un laser, ma legge un segnale particolare legato alle proprietà di questi nano-materiali che inseriamo nell’inchiostro. Il segnale poi viene tradotto in un codice associato a un database che contiene tutta una serie di informazioni legate all’artista o all’opera d’arte o all’oggetto su cui l’inchiostro è stato applicato».
Se questo inchiostro venisse commercializzato, per ogni artista verrebbe prodotto un inchiostro inedito?
«In linea di principio sì, ci sarebbe questa possibilità. Al momento non abbiamo un set di inchiostri per tutti gli artisti che potrebbero richiederlo, ma l’idea è quella di sviluppare nuove formulazioni per un inchiostro dedicato ad ognuno».
Qual è il procedimento tecnologico che vi ha portato a sviluppare l’inchiostro?
«In un precedente progetto di ricerca quinquennale, abbiamo sviluppato la sintesi e la fabbricazione dei nano-materiali a base di carbonio, che si possono sintetizzare in liquido. Un modo per produrli è utilizzando un laser molto potente che colpisce un bersaglio di grafite immerso in un liquido e permette di sviluppare questi tipi di sistemi che selezioniamo in base alle loro proprietà. Noi abbiamo sfruttato queste proprietà dei nano-materiali, la cui formulazione è segreta, inserendole in un inchiostro standard o in un liquido polimerico che si solidifica quando depositato su una superficie. Dopodiché il laser del lettore ottico decifra il codice inserito all’interno del nano-materiale dell’inchiostro».
L’inchiostro può essere applicato con una penna?
«Discutendo con l’artista SkyGolpe, a lui piaceva molto quest’idea di avere una penna per apporre la propria firma. I miei giovani e validi collaboratori, Sonia Peggiani e Alessandro Vidale, che hanno co-fondato la start-up Enigma, spin-off del Politecnico di Milano con l’obiettivo di commercializzazione l’inchiostro, oggetto di un brevetto italiano, insieme a Anna Facibeni, hanno svuotato una penna normale e l’hanno riempita con l’inchiostro di colore verde, sono stati invitati alla Art Basel di Basilea in Svizzera, per dimostrarne l’applicazione».
Questo sistema può trovare applicazione anche sui documenti?
«Stiamo testando varie metodologie di stampa, in collaborazione con aziende che si occupano di documenti plastici e d’identità per valutare con quale tecnologia di stampa industriale già in uso potrebbe funzionare anche il nostro inchiostro».
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