Fifty-fifty. Giorgia Meloni non offrirà un paracadute a Ursula von der Leyen. Questa mattina la presidente della Commissione in cerca di riconferma pronuncerà davanti all’Eurocamera di Strasburgo il discorso più difficile della sua vita. E lo farà senza garanzie certe dalla premier italiana e leader dei Conservatori europei. «Prima ascoltiamo il suo discorso», è il motto ripetuto alla vigilia dalla timoniera di Palazzo Chigi.
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IL TEST FINALE
Meloni attenderà von der Leyen al varco, ascolterà a distanza, dalla riunione della Comunità politica europea di Oxford, l’arringa della popolare tedesca. E solo al suo termine darà istruzioni di voto ai suoi 24 europarlamentari, tramite i colonnelli Carlo Fidanza e Nicola Procaccini.
Sono ore di dubbi e pensieri, per la presidente del Consiglio. C’entra molto il pressing che sale dalla Lega e da Matteo Salvini alla vigilia della fatale decisione. In serata Andrea Crippa, vicesegretario del Carroccio e braccio destro del “Capitano”, mette a verbale la vera linea leghista, a dispetto delle uscite più concilianti dei colleghi. «Ora a Bruxelles c’è da chiedersi una sola cosa: chi avrà il coraggio di votare Ursula von der Leyen?». È un guanto di sfida. E tale resta nonostante le rassicurazioni pubbliche del vicepremier: «Comunque vada per il governo non ci saranno problemi».
I “Patrioti” in Ue chiamano allo scoperto la leader, la mettono di fronte a un bivio storico. Puntellare la maggioranza di popolari, socialisti e liberali e servire un assist alla sua front-woman. O terremotarla e coprirsi a destra, tenendo fede alla promessa scandita da Meloni sul palco di Pescara, alla convention programmatica di FdI: «Mai con i socialisti». Se dovesse seguire l’istinto, la premier avrebbe già optato per la seconda. Ma l’istinto, in queste ore di riunioni e caminetti, deve fare i conti con la realpolitik di chi guida la terza economia europea. Ieri sera Meloni ha sentito von der Leyen e le ha spiegato a cuore aperto la sua difficoltà sul piano interno. Come potrebbe giustificare di fronte ai suoi elettori e alleati un voto a favore dopo un discorso applaudito ed osannato dai Verdi e dalla sinistra Ue?
È questo il vero cruccio. Sul fronte della vera trattativa invece — quella per decidere le caselle della prossima Commissione europea — la leader italiana ha già ricevuto rassicurazioni importanti. Von der Leyen le ha garantito un portafoglio economico di peso per Raffaele Fitto, probabilmente una vicepresidenza con la delega al bilancio e al Pnrr, preziosa per permettere al fidatissimo ministro di sorvegliare da Bruxelles sul Recovery italiano (e rispondere così alle preoccupazioni manifestate a più riprese dal Quirinale). Insomma, comunque vada oggi in aula, la leader della destra è convinta di poter portare a casa «il massimo» dai negoziati per i top jobs europei. Questa però è una partita che si gioca sottotraccia e verrà allo scoperto solo in autunno quando Ursula, o chi per lei, dovrà ufficializzare la nuova squadra. Ora il nodo è politico. Meloni, volata a Londra dopo una visita lampo in Libia e il confronto con la candidata alla presidenza, ha informato Procaccini e Fidanza.
I SEGNALI
Il piano d’azione, almeno quello ufficiale, prevede di avvisare gli eurodeputati sulla linea da tenere in aula solo all’ultimo minuto, dopo che von der Leyen avrà parlato. Sicché ieri sera, al termine di una riunione fiume del gruppo a Strasburgo prima di cena, tra i corridoi dell’Eurocamera si aggiravano diversi Fratelli e Sorelle d’Italia spaesati: «Ci dicono domattina». Si attende un segnale forte, Meloni, dall’ex ministra tedesca lanciata verso Palazzo Berlaymont. Per permettere alla premier di difendere pubblicamente un voto a favore, “Ursula” dovrà strizzare più di un occhiolino a Roma, dalla lotta all’immigrazione illegale alla solidarietà nelle regole di bilancio. E soprattutto impegnarsi su un Green deal pragmatico, che non abbia costi sociali troppo elevati.
Attenzione, è un punto dirimente. Meloni non ha affatto apprezzato la difesa a spada tratta dell’ecologia green da parte di von der Leyen nell’incontro con i suoi Conservatori a Strasburgo, martedì. Se la dovesse ripetere in aula, metterebbe in difficoltà il capo del governo italiano: di fronte ai suoi elettori e alla Lega che scalpita. Certo, scalpita e si fa sentire anche il fronte del sì. Capitanato da ministri assai fidati della leader. Guido Crosetto, Antonio Tajani. E il titolare dei conti Giancarlo Giorgetti, che appare raggiante in Transatlantico e forse è già un segnale. «Fitto? Facciamo il tifo per lui, è il nostro cavallo e sta correndo alla grande».
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