12.05.2025
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Sports

Errori e rabbia, Lazio sotto esame. Lotito: «A Firenze uno scandalo»


La comune rabbia per un ko immeritato genera due anime dentro la Lazio. Chi se la prende solo con la discutibile direzione di Marcenaro e soprattutto con le chiamate ad hoc del var Abisso, su cui pesa più d’un precedente ambiguo e scomodo; chi ritiene invece anche Baroni e la squadra sprezzanti del pericolo, quindi complici del loro infausto destino. Il giorno dopo la sconfitta di Firenze, il tecnico mastica ancora amaro e rimane convinto delle accuse lanciate contro l’arbitraggio: «La partita è stata decisa solo da due rigori contrari allo spirito del gioco. Un difensore non può più coprire un cross sul fondo, coi piedi quasi fuori dal campo. Guendouzi leva il piede su Gudmundsson, che ha spostato già il pallone per il passaggio, e cerca il contatto. Non vedo questi episodi all’estero, poi qui in Italia pretendiamo lo spettacolo». A dargli manforte c’è l’ex fischietto Bergonzi sul contatto Nuno Tavares-Dodò: «Il penalty, che ha regalato la vittoria alla Fiorentina non esiste, Abisso non avrebbe nemmeno dovuto richiamare Marcenaro perché il piede del terzino finisce sul giocatore viola casualmente, oltretutto dopo un cross riuscito». In pratica il pestone sarebbe stato fortuito, esattamente come quello di Dodò a Patric in un’altra azione, mai revisionato. Ad ogni modo, i tifosi biancocelesti sono furiosi per la consueta disparità di trattamento. Anche per una mano, ancora di Dodò, che stoppa Zaccagni di fronte alla porta, e quindi a un potenziale gol quasi fatto: «C’è prima la deviazione di testa la spiegazione a Open Var del designatore Rocchi e il giocatore nello slancio, in caduta, poi colpisce la palla col braccio».

DOV’È FINITO DELE-BASHIRU?

Purtroppo tornano alla mente tanti, troppi, torti subiti dalla Lazio nel recente passato. A pensar male si fa peccato ma spesso… Così torna la sindrome del complotto: «A Firenze è stato uno scandalo», si limita a bisbigliare Lotito senza nessun riferimento preciso. Anche perché in società non vogliono dare alla squadra e a Baroni già adesso alibi per la seconda sconfitta in trasferta di seguito. Per carità, diversa da Udine, ma pur sempre un altro passo falso. Stavolta vanno bene la grinta, la fame, la personalità e il coraggio, ma non si possono subire otto reti (di cui sei nei primi 10′ di ogni tempo) in cinque giornate né perdere cinque punti, partendo da una situazione di vantaggio (con 8, solo il Parma ha fatto peggio). Il ds Fabiani lo ha fatto capire col suo silenzio già nella pancia del Franchi, per questo non è intervenuto sull’arbitraggio scientifico, a differenza dell’anno scorso in cui venne persino deferito. Baroni non accetta l’idea di gestire il risultato, ma allora 20 tiri in porta (6 nello specchio) non possono produrre solo un gol. Altrimenti la beffa sarà sempre dietro l’angolo insieme al rischio di vanificare il dominio e il bel calcio prodotto. Sotto processo sono anche i cambi del secondo tempo, in particolare l’ingresso di Pedro sulla trequarti e, per esempio, quello mancato di Dele-Bashiru, ormai finito insieme al 4-3-3 di Udine nel dimenticatoio.

TRADIZIONE DOLCE A METÀ

Chissà cosa si inventerà Baroni contro la Dinamo Kiev, all’esordio in Europa League a 61 anni ad Amburgo. Terzo esame in trasferta nel peggior palcoscenico. Perché i biancocelesti hanno perso nove delle ultime dodici gare fuori dall’Italia e lontano dall’Olimpico. Confortano invece i quattro precedenti contro il club ucraino: tre vittorie e un pareggio. Quinta sfida affidata all’arbitro greco Tasos Sidiropoulos e al var connazionale Evangelou, sperando di dimenticare Marcenaro e Abisso, di lasciare recriminazioni e rimpianti sul fondo.
 

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