«Chi sosterrà il prossimo governo si brucerà, chi lo guiderà idem, molti più guarderanno al 2027, alle presidenziali, che a questi due anni horribilis, per questo trovare un premier e una maggioranza dopo il voto di domenica non sarà facile». Così commenta una fonte che frequenta in questi giorni l’Eliseo. Le voci in realtà si moltiplicheranno all’avvicinarsi delle 20 di domenica sera, quando le prime proiezioni in onda sulla futura Assemblea Nazionale appariranno sulla tv. Più i nomi dei futuri premier, più si ragiona dietro la quinta maggioranza possibile. “Governo tecnico” è la formula evocata come una bacchetta magica da molti costituzionalisti e politologi, ma scarsamente dai politici.
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L’INCOGNITO
Per la Francia è l’ennesimo salto nel vuoto, o almeno nell’ignoto. Prima l’estrema destra più forte di sempre, poi lo scioglimento del Parlamento, quindi una campagna elettorale di tre settimane: il tutto con un presidente che continua ad apparire imperturbabile, in barba alle critiche sempre più aperte dei suoi alleati, e la sconfessione nelle urne che sta arrivando, implacabile, annunciata da tutti i sondaggi, domenica. In un articolo cliccatissimo, il settimanale Le Point ha riportato che il giorno dopo i risultati da catastrofe annunciata del primo turno, Macron era all’Eliseo a festeggiare il compleanno del suo amico ed ex presidente dell’Assemblea Nazionale Richard Ferrand. Con champagne e battute nonostante le facce da funerale di quasi tutti gli astanti, rinvigorito dall’idea di avere comunque guadagnato sei punti dall’umiliante 14 per cento ottenuto alle europee. Per il presidente arrivare a 140 deputati sarebbe una vittoria. Adesso ne ha 250. Gli ultimi sondaggi danno alla sua coalizione tra 100 e 135 deputati, mentre il Rassemblement di Bardella, con gli alleati gollisti di Eric Ciotti, è ora accreditato di massimo 240 seggi, troppo lontano dalla soglia 289 della maggioranza assoluta. Le desistenze dei candidati di sinistra e di centro per costruire un fronte elettorale anti estrema destra pare stiano funzionando. Ma avrà anche come conseguenza di mettere al riparo il giovane Bardella dal cimentarsi con il difficile esercizio del governo, pur issando il Rassemblement National primo partito politico — e con distacco — in Parlamento.
I DUBBI A SINISTRA
Il cerino resta in mano al Fronte Repubblicano, un patto elettorale che molto difficilmente potrà trasformarsi in coalizione di governo. D’altra parte è quello che hanno già detto quasi tutti, evocando ognuno una “personale” maggioranza. I radicali di sinistra della France Insoumise si sono già tirati fuori da soli. Jean Luc Mélenchon e i suoi non intendono scendere a compromessi sul loro programma, del tutto incompatibile quello dei macroniani. La France Insoumise è tuttavia la prima forza dentro il Nouveau Front Populaire (160-180 seggi secondo le proiezioni), che ha comunque spostato il suo asse un po’ più verso il centro, con un rafforzamento della componente socialista e verde. Nessuna coalizione “aritmetica” in grado di sostenere un governo di compromesso (che dovrebbe andare dai gollisti ai comunisti) sembra per ora stare in piedi. Se Ensemble di Macron dovesse tenere, il presidente punterà ad un’alleanza in cui il suo partito potrebbe essere il “perno”. Un ruolo che preferirebbe a quello che ha dovuto interpretare in questi ultimi due anni di maggioranza relativa, alla perenne ricerca di “maggioranze variabili”.
Per i costituzionalisti, l’ipotesi sempre più seducente è quella di un governo “tecnico” o, per dirla meno all’italiana e più alla francese: “provvisorio”. Si costruirebbe su programma minimo, che comprende, oltre all’immediata ma non trascurabile necessità di gestire le Olimpiadi, l’approvazione del bilancio. A condurlo dovrebbe essere più che un “tecnico” all’italiana, un “saggio”, super partes, federatore, un “garante” compatibile anche con Macron. Il toto premier gira all’impazzata: la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde (anche perché è succeduta al massimo esempio di “tecnico” evocato in Francia, Mario Draghi), il centrista François Bayrou (troppo politico) , il presidente del senato Gérard Larcher (lui nega) e con sempre maggiore insistenza l’ex premier di Hollande Bernard Cazeneuve, che ha lasciato il partito socialista quando si è avvicinato alla France Insoumise. Sul fronte opposto, Jordan Bardella e Marine Le Pen continuano a chiedere la maggioranza assoluta per governare, anche se — guardando alla regina delle elezioni francese, la presidenziale nel 2027 — tre anni di opposizione in tribuna d’onore potrebbero logorare meno di tre anni passati a governare coabitando con Macron. La tensione di vedere per la prima volta l’estrema destra al potere in Francia non diminuisce. Né tranquillizza il messaggio di sostegno arrivato dal ministero degli Esteri russo che ha postato su X una foto di Marine Le Pen. Francesca Pierantozzi
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