Migliaia di autovelox “fuori norma” congelati e una montagna di multe da cancellare. È una valanga quella scatenata ieri dall’operazione partita dall’indagine della Polizia stradale di Cosenza che ha coinvolto a tappetto un po’ tutta Italia. Dal Piemonte all’Emilia, dalla Puglia alla Sicilia, dalla Basilicata alla Calabria, passando dal Veneto sotto accusa è un dispositivo denominato T-EXSPEED v 2.0 con postazioni fisse per il rilevamento della velocità sia media che puntuale. Uno strumento risultato illegale, perché non conforme agli standard richiesti, che ha fatto scattare il sequestro in vari comuni e città, tra cui Venezia, Vicenza, Modena, Reggio Emilia, Pomarico, Cerignola, Pianezza, Piadena, Formigine, Arcola, Carlentini, San Martino in Pensiliis. In Calabria sono state interessate la strada statale 107 Silana Crotonese che da Paola, attraversa la città di Cosenza incrociandosi con l’A2 autostrada del Mediterraneo e termina a Crotone; la strada provinciale 234 e la statale 106 che collega tutta la costa ionica da Reggio Calabria a Taranto attraversando una miriade di comuni. Del resto la sentenza della Cassazione di aprile non lascia scampo: autovelox non omologati o senza approvazione del prototipo producono multe nulle e una montagna di ricorsi. Ma in attesa dei nuovi dispositivi autovelox certificati dall’Europa, e quindi a prova di ricorso, resta una giungla di strumenti da passare al setaccio. Ed è contro questa giungla che si scaglia Matteo Salvini che punta a fissare nuovi paletti a prova di spenna-automobilisti. «La Lega, in primis il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti», ha fatto sapere il partito commentando la raffica di sequestri, «è al lavoro per mettere ordine in una situazione di caos. La salvaguardia degli utenti della strada e dei pedoni è una priorità, ma senza tartassare i cittadini con migliaia di autovelox illegali che non aumentano la sicurezza ma solo le multe».
L’ESCALATION
Ma andiamo con ordine. La recente sentenza della Cassazione ha fatto emergere la necessità di un adeguamento della normativa italiana. I giudici bollano come legittime solo le multe effettuate da dispositivi certificati dall’Europa, che tecnicamente non esistono ancora. Di qui la strada obbligata del doppio bollino per legittimare gli autovelox: l’approvazione del prototipo secondo gli standard previsti, e l’omologazione, con il rispetto di tutti i requisiti tecnici previsti per consentirne la riproduzione in serie. In modo tale che l’autorizzazione del ministero sia di fatto una certificazione che non lascia spazio a pasticci interpretativi e ricorsi. Ebbene, il doppio bollino era del tutto assente negli autovelox in questione. I sequestri preventivi sono scattati ieri su ordine del Gip di Cosenza dopo «una indagine lunga, complessa ed articolata, irta di ostacoli in considerazione della delicatezza della materia e delle implicazioni economiche che riguarda il settore», hanno spiegato gli investigatori della Polstrada di Cosenza. «Gli accertamenti effettuati hanno consentito di appurare non solo la mancata omologazione ma anche l’assenza del prototipo del sistema di rilevamento, elementi indispensabili per accertare la legittimità delle violazioni rilevate da tali sistemi, di proprietà di società private che vengono date in noleggio a enti locali». Non solo. «Il prototipo depositato al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è risultato differente dalla versione modificata che la società ha fornito, in un secondo momento, ai Comuni», ha detto all’Ansa Giancarlo Baiano dirigente della Polstrada di Cosenza.
L’EFFETTO DOMINO
Non un affare da poco considerata la voragine di ricorsi aperta già da aprile. In base a quanto emerso, dicono gli investigatori, «esiste il rischio concreto di danno erariale nel caso di ricorso da parte di utenti a cui spesso i giudici aditi riconoscono oltre l’annullamento del verbale anche il risarcimento delle spese». E in effetti, migliaia di automobilisti sono già sul piede di guerra. Attenzione, però, chi ha già pagato può solo contare di non inciampare di nuovo. «Le multe elevate da apparecchi autovelox non a norma possono essere contestate», fa sapere il Codacons, purché non siano scaduti i termini o la sanzione non sia stata già pagata dagli automobilisti. E nel caso in cui sia ancora possibile contestare la sanzione, per avere certezze circa l’omologazione del dispositivo autovelox che ha accertato la violazione, occorre presentare istanza d’accesso presso il comune dove è installato l’apparecchio e, una volta ottenuti gli atti, analizzare le specifiche tecniche sull’autovelox. I CASI Assoutenti punta il dito invece contro le entrate milionarie garantite da certi dispositivi ad alcune amministrazioni locali, Il caso più eclatante citato dall’Associazione è quello di un piccolo comune delle Dolomiti, Colle Santa Lucia (Bl), che «nonostante conti poco più di 350 abitanti ha incassato 1.265.822 euro nel triennio 2021-2023 grazie all’unico autovelox installato sul proprio territorio. E ancora sono «ricchissimi anche i comuni del Salento, che nel 2023 hanno registrato incassi milionari grazie agli apparecchi di rilevazione automatica della velocità: oltre 8,7 milioni di euro in appena 4 comuni (4.770.631 euro Galatina, 1.830.484 euro Trepuzzi, 1.240.770 euro Cavallino, mentre il comune di Melpignano si ferma a 898.986 euro). Circa 2,3 milioni di euro gli incassi di soli 3 comuni (Puglianello, Castelvenere, Torrecuso) ubicati lungo la “temibile” strada statale 372 Telesina che da Caianello porta a Benevento, notoriamente disseminata di autovelox».
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