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«È un amico». E stoppa anche i cori anti-meridionali


PONTIDA Rischiava di finire in un incendio. Una slavina che dalle valli bergamasche umide di pioggia poteva rotolare giù fino a Roma, e travolgere il centrodestra. «Tajani scafista», il grido che a metà pomeriggio i giovani leghisti lombardi e veneti lanciano dallo storico pratone del Carroccio contro il leader di Forza Italia, accusandolo di voler «regalare» la cittadinanza ai figli degli immigrati. Invece a Pontida arriva un Matteo Salvini in versione pompiere. «Antonio Tajani è un amico. Gli avversari non sono in maggioranza, sono fuori». E chi lo apostrofa come uno «scafista»? «Quattro scemi. Massimo cinque. Chiedo scusa a nome loro». »Toccalini, capo dei giovani padani, già annuncia espulsioni.

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E pazienza se sembravano un po’ più di quattro, il gruppo di juniores lumbard che appena scesi dai pullman srotolano bandiere, rose camune e striscioni. «Pronti all’autonomia, la Lombardia chiamò». E soprattutto «Ius scholae in vista, Tajani scafista». Condito da cori da stadio: «Tajani, Tajani, vaffa…». È lui, il vicepremier che negli stessi momenti da Milano illustra il suo “Ius Italiae”, la cittadinanza ai figli degli stranieri dopo la scuola dell’obbligo, il bersaglio dei ventenni leghisti. Gli lanciano sfottò dal palco, allestito sotto il tendone accanto al “sacro suolo” da cui oggi Salvini chiamerà alla mobilitazione sul processo Open Arms in cui rischia sei anni di carcere. «Gli mandiamo un sonoro vaffa…», grida il capo dei giovani bergamaschi, e giù applausi. Ma tornano pure gli slogan di un’altra stagione, che la maggior parte dei presenti per ragioni anagrafiche non ha vissuto. Pare quasi una Pontida delle origini, di Umberto Bossi e di «Roma ladrona» (scritta che qua e là si avvista su cappellini e magliette verdi). E poi «Veneto libero»: «Secessione!», il grido di battaglia dei ragazzi avvolti nelle bandiere di San Marco. «L’Autonomia è realtà. Grazie Lega».

Botta e risposta

I video rimbalzano in rete. Ce n’è abbastanza per rasentare l’incidente. E infatti i forzisti non ci stanno. Lo stato maggiore azzurro verga risposte di fuoco. «Vergognose e inaccettabili le offese rivolte ai casertani e ai napoletani», tuona il campano Fulvio Martusciello. «Dichiarazioni ingiuriose contro Tajani, slogan volgari, frasi di miserabile livello», mitragliano i capigruppo Paolo Barelli e Maurizio Gasparri. «La Lega prenda le distanze».

È un crinale scivoloso, perché a pungere l’alleato forzista è pure qualche esponente senior del Carroccio. «I giovani difficilmente usano toni moderati – allarga le braccia il deputato Igor Iezzi – Ma Tajani qualche colpa ce l’ha, se uno lancia delle proposte così senza neanche discuterne prima». Intanto dal palco anche Susanna Ceccardi mette nel mirino quei «poltronari» che «per un posto in più nel Ppe (i Popolari europei a cui aderisce FI, ndr) vogliono svendere la cittadinanza italiana. Ma noi mai ci venderemo». Ammorbidisce Andrea Crippa, l’uomo ombra di Salvini, quando già le agenzie battono le reazioni degli azzurri. Così nel mirino finiscono le opposizioni: «La cittadinanza facile agli immigrati serve solo per farli votare, perché qualche partito non ha più voti. Finché ci sarà la Lega al governo, non arriverà».

Ma ecco Salvini, dolcevita verde, “scortato” dalla fidanzata Francesca Verdini. Stoppa le polemiche, non è il caso né il giorno. «Mi spiace che sul prato che per me è sacro si sia mancato di rispetto a qualcuno. Gli attacchi alla maggioranza lasciamoli fare a Conte, Renzi e Schlein, che ormai sono in tre e non riescono a giocare nemmeno a burraco o a calcetto». Tajani e Meloni, al contrario, sono «amici e alleati». E guai a ripetere i vecchi slogan contro i meridionali: «Abbracciare i giovani che vengono dalla Campania o dalla Sicilia per me è un orgoglio. Non stiamo giocando – mette in chiaro dal palco – rischio sei anni di carcere perché ho fatto quello che credevo. Chi non lo ha capito, fuori dalle balle».

 

Le banche

Si avvista solo a tarda sera, intanto, Roberto Vannacci (oggi però ci sarà e si attende una sua arringa infuocata). Salvini ripete che del generale si fida: «Di solito se uno viene a una iniziativa di partito non lo fa perché sta lavorando per un altro partito», prova a spegnere i sospetti. Miele pure per il senatur, da tempo in rotta con l’attuale leadership: «Bossi? L’ho sentito un mese fa, lo richiamerò perché prima di Pontida Bossi si sente. Se venisse, per me sarebbe fantastico». Poi (prima di andare a trovare «gli amici della Valtellina per un piatto di pizzoccheri», negli stand di fianco al tendone), c’è il tempo per un accenno alla discussione sulla manovra e ai «sacrifici» ventilati dal ministro dell’Economia Giorgetti. «Se qualcuno potrà e dovrà essere tassato è chi ha guadagnato miliardi, come le banche. Una piccola parte di quegli enormi guadagni può essere restituita». Parole, anche queste, che avranno fatto fischiare più di un orecchio dalle parti di Forza Italia. Spegnere gli incendi sì, ma senza esagerare.

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