Politics

«Diamo più forza a Unifil»


LO SCENARIO

dal nostro inviato a Bruxelles

 «Forse è più efficace parlare con loro che tra noi». Prima Aqaba e poi Beirut, comunque ad almeno 4mila chilometri di distanza da Berlino. E cioè da dove, oggi, un Joe Biden al probabile ultimo atto sul palcoscenico europeo condividerà la parte in commedia con i “soli” Olaf Scholz, Emmanuel Macron e Keir Starmer. Prima da Re Abdallah II e poi da Najib Mikati, comunque a poco meno 500 chilometri dal confine tra Libano e Israele. E cioè dal luogo per cui oggi Giorgia Meloni tornerà a chiedere una «stabilizzazione» che pare lontana al punto da minacciare «la sicurezza del personale di Unifil». In quella che è la prima missione di un leader straniero nel Paese dei cedri, la premier questa mattina rinsalderà i legami giordani, nella consapevolezza del «ruolo cruciale» recitato da Re Abdallah, specie nel contenimento «della situazione umanitaria a Gaza».

LA VISITA
L’immagine più significativa della visita meloniana sarà però con buona probabilità scattata a Beirut. La premier, come anticipato dal ministro della Difesa Guido Crosetto ieri in audizione davanti alle Camere riunite, non visiterà la base di Shama e il contingente italiano di Unifil a causa dei «troppi rischi» che lo spostamento comporterebbe, ma si fermerà nella Capitale libanese per un duplice incontro con il primo ministro Najib Mkati e il presidente dell’Assemblea nazionale del Libano Nabih Berri.

A entrambi la premier ha intenzione di ribadire «la volontà italiana di contribuire alla stabilizzazione del confine israelo-libanese» e chiedere di tutelare i militari italiani. Il centro attorno a cui gravita la visita meloniana sta però nel tentativo di rimettere sui giusti binari la piena applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Stabilito che «una fuga» della missione Unifil «minerebbe la credibilità delle Nazioni unite», come ha spiegato Crosetto, l’impegno italiano è concentrato sul sostegno alle forze armate libanesi (Laf), affinché possano riprendere il controllo delle aree in cui da anni a fare il bello e il cattivo tempo sono state le milizie di Hezbollah, spesso esercitando una certa influenza sull’esercito regolare.

Posto che Crosetto continua a chiedere «nuove regole di ingaggio» per trasformare la missione Unifil da peace-keeping a peace-enforcement, l’idea è potenziare le Laf dopo anni di ridimensionamenti, attraverso la costituzione di un «fondo internazionale» utile a «reclutare, addestrare ed equipaggiare» i militari. Da qui l’annuncio del ministro della Difesa, che oggi aprirà a Napoli il G7 dedicato, di organizzare a breve «una conferenza dei donatori necessaria a reperire i fondi per identificare programmi, attività e iniziative». Uno spirito, quello del G7 italiano, lodato ieri da Biden durante un confronto con alcuni rappresentanti della comunità italo-americana, parlando di una «gestione straordinaria della presidenza del G7», dei «contributi italiani alla sicurezza transatlantica attraverso la Nato» e della «forte leadership nell’Unione Europea».

IL CAMPO
Intanto nel giorno dell’uccisione del leader di Hamas Yahya Sinwar da parte dell’esercito israeliano, l’Idf continua con i suoi attacchi in Libano. In mattinata hanno infatti bombardato una zone nei pressi di Tiro, poco dopo aver intimato ai residenti di un quartiere a est della città di lasciare le abitazioni. Scontri anche nella valle della Bekaa, a nordest di Beirut, e nei pressi della zona demilitarizzata dove, secondo Al Arabya, Hezbollah avrebbe colpito due tank israeliani con dei missili teleguidati. Il conflitto, inoltre, ieri è tornato a lambire i militari italiani.

Una fregata tedesca dell’Unifil ha infatti abbattuto un drone che si stava avvicinando alla base di Naqura — già colpita la scorsa settimana — una delle postazioni in cui si trova il nostro contingente. Non esattamente il clima ideale per la visita meloniana. Viaggio che, secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche, si occuperà anche della crisi dei rifugiati siriani con la volontà — manifestata anche ieri durante il Consiglio europeo dalla premier e pure la scorsa settimana durante il vertice Med9 — di evitare che si riapra la rotta balcanica.

L’Italia è in pressing sull’Ue e soprattutto sull’Unhcr affinché alcune aree del Paese guidato da Bashar Al-Assad siano riconosciute come sicure, in modo che possano tornare ad ospitare alcune centinaia di migliaia dei milioni di richiedenti asilo che oggi si trovano in Europa. Un tavolo, quello del Consiglio di ieri, su cui è finito inevitabilmente proprio il conflitto tra Libano e Israele. Nonostante non sia finito nelle conclusioni, c’è chi come il premier irlandese ha chiesto un qualche intervento Ue, come la sospensione degli accordi commerciali con Israele ed un embargo sulle armi. Punti evocati pure da Spagna e Francia ma su cui pesa lo stop della Germania.

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