23.05.2025
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Economy

Dazi, dal grana al pecorino: i rischi per il made in Italy. Bruxelles: «Difenderemo gli agricoltori»


Alta tensione fra Europa e Cina sul commercio. Dopo i dazi fino al 36,3% messi in cantiere dall’Ue per colpire le auto elettriche del gigante asiatico che secondo le accuse di Bruxelles falsano la concorrenza con i produttori del Vecchio continente, Pechino ha annunciato l’altro ieri l’apertura di una nuova indagine anti-dumping che mette nel mirino una ventina di schemi di sussidi concessi dalla Politica agricola comune (Pac) dell’Ue a vari prodotti lattiero-caseari europei. Tra questi ci sono formaggi freschi ed erborinati, cagliata, e lavorati di latte e panna che sono esportati in Cina da Paesi come l’Italia (ma è l’Irlanda il primo esportatore verso il gigante asiatico).

A pagare le conseguenze dell’ennesimo braccio di ferro sui dazi potrebbe essere dunque l’export in Cina di molti prodotti che rappresentano l’eccellenza del made in Italy: dal grana al pecorino romano, dalla fontina alla mozzarella di bufala, passando per il gorgonzola. L’export verso la Cina del comparto latte e derivati è in forte crescita da un valore che nel 2023 era poco superiore agli 80 milioni.

«La Commissione europea prende nota della decisione di Pechino di aprire un’indagine sui prodotti caseari europei», ha detto ieri un portavoce dell’esecutivo comunitario. «Siamo fiduciosi che questi sussidi siano in linea con le regole internazionali e seguiremo l’indagine con attenzione: la Commissione difenderà il settore agricolo europeo», ha aggiunto.

L’export di formaggi made in Italy in Cina nei primi cinque mesi del 2024 hanno fatto segnare un incremento del 35% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, sottolinea Coldiretti, aggiungendo che se la Cina metterà nuovi dazi sui formaggi provenienti dall’Unione, «saremo sicuramente penalizzati».

Stefano Berni, direttore generale del Consorzio di tutela del Grana Padano, all’agenzia Ansa ha spiegato che le eventuali imposte saranno negative «per l’Europa e soprattutto per la Francia o altri paesi di forte esportazione in Cina, anche l’Italia lo è ma in misura meno rilevante». «Per noi del Grana Padano, pur non avendo raggiunto livelli di importazione del nostro prodotto in quantità rilevanti, la Cina è comunque un mercato in decisa crescita e quindi saremmo sicuramente penalizzati».

«Le limitazioni al libero scambio — ha proseguito Berni — sono sempre un fatto negativo, che condiziona e orienta i mercati in modo artefatto». E negli ultimi anni è già successo. «Noi abbiamo già subito blocchi in Russia nel 2014 — ha ricordato — quando ci fu l’invasione della Crimea e perdemmo completamente un mercato che si stava rivelando per noi interessantissimo avendo allora raggiunto in pochi anni le 50.000 forme di Grana Padano annue esportate».

Dazi, la risposta di Pechino: nel mirino i formaggi europei

L’AUMENTO

«Un altro colpo rilevante — ha detto ancora Berni — lo abbiamo ricevuto, e ancor di più i nostri amici del Parmigiano Reggiano, dall’aumento rilevante dei dazi che Trump in un eccesso di protezionismo aveva imposto ai nostri prodotti caseari e non solo, di qualità indirizzati in Usa. Rischio che potremmo correre anche il prossimo anno dopo le elezioni americane. Anche questa volta per la vicenda Cina faremo tutto quanto è nelle nostre possibilità usando anche l’occasione del G7 Agricolo che si terrà in Sicilia dal 21 al 28 settembre per scongiurare questa corsa ai dazi e ai contro dazi».

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