Dalle banche potrebbe arrivare un apporto superiore a 3 miliardi tra Imposte differite attive (Dta) e stock options. A questa somma che il mondo bancario non accetta sia definita contribuzione volontaria, va aggiunta la parte dei sistemi incentivanti del mondo delle imprese. Di fatto la norma fiscale che drena liquidità da imposte differite e sistemi incentivanti, dovrebbe aggirare il rischio di nuove tasse minacciate soprattutto dalle Lega in termini di addizionale ulteriore su Ires e irap.
Ieri per l’intera giornata ci sarebbe stato un confronto fra gli uomini del Tesoro e quelli dell’Abi, a nome del sistema bancario. Ci sarebbe stata la stretta finale in vista del Cdm che dovrà varare il Piano strutturale di bilancio da inviare in serata a Bruxelles.
Il confronto riprende questa mattina e tra le parti le distanze si sarebbero accorciate di parecchio. I numeri alla fine dovrebbe essere quelli dell’Associazione bancaria: poco più di 1,4-1,5 miliardi riferiti alle imposte congelate a carico di tutte le banche nel 2025 e oltre 1,3-1,4 miliardi nel 2026: rifinendo le virgole, come spinge il governo, ci si attesta a 3 miliardi, a cui aggiungere le stock options (150-200 milioni).
Sul tavolo del confronto Abi-Tesoro si stanno finalizzando i possibili impatti del congelamento della quota di utilizzo delle imposte differite attive (appunto Deferred asset tax) per 2025 e 2026.
Queste imposte differite attive, cioé crediti maturati dalle banche a fronte del pagamento anticipato, essenzialmente di imposte su svalutazione crediti e avviamenti, sono smaltibili secondo un piano temporale predefinito.
Per il 2025 la quota di crediti utilizzabili relative a imposte differite connesse con svalutazioni crediti è attorno all’11,5% circa del totale iniziale di questa tipologia di DTA, quelle relative ad avviamenti sono il 13,3%.
Gli ultimi dati per quantificare l’impatto del congelamento sono desumibili dalle relazioni tecniche che hanno accompagnato precedenti congelamenti sempre di queste poste e dalle singole dichiarazioni fiscali che sono nella disponibilità del dipartimento delle finanze del Tesoro.
LE ALTRE AZIENDE
Sulla base di questi dati la forbice inizialmente era di 1,3 miliardi, secondo i calcoli del tecnici del Ministero e 1,8 miliardi secondo le proiezioni dell’Associazione di Palazzo Altieri. Tuttavia lato Ministero dell’economia e delle finanza si stanno completando le valutazioni a livello di dichiarazioni fiscali per definire gli specifici andamenti e anche per tener conto delle più recenti dichiarazioni fiscali: le ultime valutazioni si basavano infatti su dati 2021 e 2022, da ieri alle 17 sarebbero arrivati i numeri aggiornati agli anni successivi.
Ieri sera l’ultimo confronto avvenuto in vista del traguardo, ha registrato un avvicinamento: oltre 1,5 miliardi per il 2025 e più di 1,4 miliardi circa nel 2026.
Si arriva vicino quota 2,9 miliardi ma l’impatto delle Dta potrebbe salire vicino a 3 miliardi, Nella notte si faranno approfondimenti delle parti che potrebbe far lievitare la misura fiscale. Verrebbe posticipato l’utilizzo delle imposte differite del 2025-2026 al triennio 2027, 2028, 2029. Secondo un’elaborazione Fabi le attività fiscali differite delle prime banche è di 30 miliardi, di cui 10,7 miliardi Unicredit, 12,6 miliardi Intesa Sp, 3,8 miliardi Bpm, 1,8 miliardi Bper, 1,4 miliardi Mps.
A questo si aggiunge la misura sulle stock options, che sono gli incentivi che ogni azienda concede per gratificare i propri top manager con assegnazioni di azioni. Attualmente il, costo di tale operazione è diluita nel corso del piano di incentivazione da 3 a 5 anni in media: con la misura identificata, la deduzione fiscale sarebbe utilizzabile alla fine del piano di incentivazione. Per il settore bancario ci sarebbe un impatto di circa 150-200 milioni. A questo si dovrebbe aggiungere l’impatto che il Tesoro conta di ottenere dalle altre aziende quotate in Borsa.
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