Una valanga di miliardi per modernizzare una rete congestionata e fragile. Con 1.400 cantieri aperti. Mai così tanti. Mai tutti insieme. Grandi e piccoli, da Nord a Sud. Che già in estate hanno creato disagi e che ieri, con l’ennesimo guasto in una cabina elettrica, hanno evidenziato quanto sia urgente recuperare i ritardi decennali sulle linee ferroviarie. Alle prese non solo con la necessaria manutenzione ma soprattutto con il boom del traffico. Al Sud la sfida è ambiziosa. Perché è nel Mezzogiorno che si trovano quasi tutti i cinquemila chilometri di ferrovie che in Italia sono attraversati ancora dai treni che marciano con il diesel. Arriverà l’elettricità, finalmente. E, soprattutto, 120 chilometri di Alta velocità: dalla nuova Salerno-Reggio Calabria alla Palermo-Catania. Stessa cura anche al Nord: 165 chilometri di linee, per passeggeri e merci, sulla Brescia-Verona-Vicenza che si allunga fino a Padova, ma anche per il completamento della Liguria-Alpi. E poi, con i fondi del Pnrr, ci sarà il potenziamento delle linee regionali, i soldi da spendere per installare Ertms, il più sistema tecnologico di sicurezza per la supervisione e il controllo del distanziamento dei treni, i lavori sulle stazioni. Tutte opere che impattano sulla normale operatività e che hanno creato, quest’estate, disagi e ritardi. Perché il servizio non si può interrompere e va rispettata la scadenza del 2026 prevista dai paletti del Recovery.
Meno di due anni per mettere a terra lavori per 16,5 miliardi, in aggiunta ai 9,5 che sono stati spesi fino ad oggi. Senza considerare gli investimenti extra Pnrr. Soldi in più, ma anche cantieri in più. Un sovraccarico che ha mandato spesso la rete in tilt nonostante la riprogrammazione degli orari nel cuore delle ferie degli italiani.
Quest’anno verranno rinnovati circa 1.500 dei 16.500 chilometri della rete ferroviaria, mentre manutenzioni e ammodernamenti delle stazioni sono già scattati a macchia di leopardo. Il prossimo anno si replica.
LE SFIDE
Ma la sfida non si ferma qui. Gli interventi sono necessari per una rete mista come quella italiana, che vede specialmente nei nodi urbani (ma non solo) un traffico di tutte le tipologie, dall’alta velocità fino ai regionali o i treni merci. Proprio questo settore, dice Fermerci, è il più penalizzato dai ritardi e dai lavori in corso.
La nostra rete ad alta velocità — spiega Andrea Giuricin, tra i massimi esperti dei trasporti e docente alla Bicocca — può contare su solo 1.000 chilometri di infrastrutture, mentre Spagna o Francia (che hanno reti totalmente dedicate) hanno invece oltre 3.000 chilometri. L’Italia sta costruendo altre tratte AV importanti quali la Milano-Venezia e la Napoli-Bari, ma rimane il fatto che vanno spinti gli investimenti nei nodi urbani che continuano ad essere i punti più sotto pressione in questo momento. Del resto è stato lo stesso ad di Fs Stefano Donnarumma a parlare di nodi da decongestionare. Nel mirino ci sono Roma, Milano e Firenze. Per evitare che un guasto a Termini, come accaduto ieri, divida il Paese in due.
Alcune opere, come il passante di Firenze con la nuova stazione di Belfiore, vedranno la luce solo alla fine di questo decennio. Queste infrastrutture sono necessarie per separare il traffico normale da quello dell’Alta velocità. Ma non è facile trovare spazi all’interno delle aree urbane, bisogna, fa capire Giuricin, investire in tecnologia e in particolare nell’Ertms, il sistema tecnologico, che serve a mantenere i treni meno distanziati ma sempre in sicurezza.
Avere 164 treni al giorno tra Milano e Roma rispetto ai 90 tra Barcellona e Madrid, i 60 tra Parigi e Lione o i 38 tra Berlino e Monaco è sicuramente un successo italiano, ma anche un problema complesso da gestire, tanto più con un sistema misto. Una strada in salita che va oltre le giuste proteste per i ritardi e i disagi, ma che va affrontata in una ottica di medio periodo.
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