Un quarto delle imprese italiane lamenta che la burocrazia frena la loro crescita: i ritardi, le procedure complesse o la poca chiarezza delle norme finiscono spesso per rallentare gli investimenti e le opportunità di business. Il dato è al centro del Rapporto di Conflavoro-Luiss Business School,“L’impatto delle criticità della Pubblica Amministrazione sulla competitività e la crescita delle micro, piccole e medie imprese”, presentato ieri a Roma. E dallo studio si evince che il 93 per cento delle aziende segnala «un impatto problematico» con la Pa.
Matteo Caroli, autore del rapporto e Associate Dean for Sustainability and Impact Luiss Business School, sottolinea la necessità «di fare un salto culturale» sia da parte della Pa sia da parte delle imprese stesse. Identico l’approccio di Roberto Capobianco, presidente nazionale di Conflavoro PMI, che chiede anche l’importanza di «ridurre la burocrazia e il costo del lavoro».
Si legge nel rapporto che «l’inefficienza degli apparati amministrativi costituisce un nodo ancora irrisolto, che ha accompagnato il nostro Paese durante tutta la sua storia». Colpendo soprattutto le imprese più piccole e meno solide. Il 43 per cento delle imprese italiane parla di «perdita di tempo e scoraggiamento imprenditoriale, il 18 «una minore propensione a investire». Il 48 per cento del campione pone l’indice contro «la mancata attuazione delle norme», il 40 fa notare che «la complessità legislativa è anche colpa delle imprese che operano nell’area grigia», il 19 per cento si sofferma sulla «scarsa efficienza e competenza del personale della PA» e il 13 sulla «poca chiarezza sulla responsabilità dei funzionari pubblici».
C’è invece più ottimismo sui processi per digitalizzare la macchina burocratica. Secondo il rapporto, la percezione del campione «è in gran parte positiva». Infatti il 39 per cento delle aziende interpellate fa notare che «i sistemi digitali della PA sono efficienti e facilmente utilizzabili». Più in generale, gli estensori del report aggiungono che
«avere regole semplificate per le Pmi diverse da quelle previste per le grandi imprese è l’esigenza più diffusa tra le aziende». Lo chiede il 61 per cento del campione.
Il rapporto guarda anche a soluzioni per rendere il ruolo della Pa meno oppressivo verso micro, piccole e medie aziende. La parola chiave resta digitalizzazione. Ma contemporaneamente è necessario che la PA limiti i costi diretti e indiretti a carico delle imprese «per allinearsi alla normativa rilevante in proporzione alla dimensione aziendale». Non meno utili sarebbero «meccanismi di compensazione economica per le imprese più colpite» o «prevedere forme di esenzione mirate per le PMI, nel caso in cui i costi generati dalla normativa sono troppo elevati e l’impatto sulla collettività è basso».
Da non dimenticare, poi, capitoli come la formazione o la responsabilizzazione dei funzionari pubblici. Va poi ridotto il fenomeno della “burocrazia difensiva” e ampliato il coinvolgimento delle associazioni di rappresentanza delle imprese minori. Ma «affinché queste azioni della PA risultino efficaci — conclude il rapporto — occorre distinguere le imprese allineate alle normative da quelle che non lo sono e avvalersi, quindi, di un sistema di certificazione della compliance per dimostrare l’adesione dell’azienda alle previsioni di determinate normative».
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