Dal Consiglio Affari Interni di Bruxelles è ufficialmente arrivato il primo via libera dei governi europei alla nuova stretta sui rimpatri dei migranti irregolari. Un “punto di svolta”, come lo definisce il commissario europeo agli Affari interni e all’Immigrazione Magnus Brunner, che apre la strada a un nuovo “approccio generale” alla gestione dei flussi migratori. Il pacchetto si fonda su quattro pilastri: rimpatri, accordi con Paesi terzi, lista dei Paesi considerati sicuri e un nuovo sistema di solidarietà tra Stati membri.
Migranti, dall’Europa arriva il via libera per il nuovo regolamento
La riforma approvata a Bruxelles punta a ridisegnare la disciplina migratoria europea, creando un sistema giuridico unico con procedure più rapide ed efficienti. Concretamente, il nuovo impianto consentirà di istituire hub specializzati, trattenere i migranti più a lungo nelle strutture, imporre divieti d’ingresso di durata maggiore e velocizzare gli iter burocratici.
Uno dei cambiamenti più significativi riguarda la possibilità per gli Stati membri di stipulare accordi con Paesi extra-UE affinché siano questi ultimi a esaminare le domande di asilo. Eliminato anche il criterio del “collegamento”: un migrante arrivato in Italia potrà essere trasferito in un Paese terzo con cui esiste un accordo, anche se non vi è transitato prima di raggiungere l’Europa. Naturalmente, tali Paesi dovranno rispettare gli standard internazionali sui diritti umani.
Paesi terzi «sicuri»
Il concetto di Paese terzo sicuro permette inoltre agli Stati membri di dichiarare inammissibile una domanda di asilo senza valutarne il merito, qualora il richiedente avrebbe potuto ottenere protezione in un Paese extra-UE considerato sicuro. In caso di ricorso contro una decisione di inammissibilità, il richiedente non avrà più il diritto automatico di restare nell’UE fino al termine della procedura, anche se potrà chiedere a un Tribunale l’autorizzazione a rimanere.
L’UE, con il si del consiglio, ha inoltre introdotto anche una lista comune dei Paesi di origine considerati sicuri, che permetterà di trattare più velocemente le richieste provenienti da Stati ritenuti non a rischio. Nella lista: Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. Per chi proviene da questi Paesi, la domanda viene trattata più rapidamente, spesso direttamente alla frontiera. Inclusi automaticamente tutti i Paesi candidati all’adesione all’UE, salvo che si trovino coinvolti in conflitti armati, non rispettino i diritti fondamentali o abbiano un tasso di accoglimento delle domande superiore al 20%. Resta comunque l’esame individuale: se il richiedente dimostra un rischio personale concreto, la domanda viene valutata come tutte le altre.
La nuova piattaforma di solidarietà intra-UE.
La piattaforma di solidarietà
In ultimo, ma non per importanza, da giugno 2026 entrerà in funzione una nuova piattaforma di solidarietà tra Stati membri. I Paesi più esposti alla pressione migratoria — quindi Italia, Spagna, Cipro e Grecia — riceveranno contributi dagli altri Stati UE per gestire gli arrivi. Per il 2026, la quota massima prevede 21 mila ricollocamenti oppure 420 milioni di euro in contributi finanziari (principalmente fondi).
Per accedere a questo supporto, i paesi come l’Italia dovranno però dimostrare di gestire correttamente i “movimenti secondari” iniziati nel giugno 2024. Di conseguenza, i ricollocamenti saranno probabilmente limitati: la solidarietà consisterà soprattutto nel non rimandare indietro i cosiddetti “dublinanti” coinvolti in movimenti secondari. Se l’Italia non rispetterà gli impegni, potrebbe perdere l’accesso a questi strumenti già dal prossimo autunno.
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