25.05.2025
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Politics

controllo dei telefonini e stretta sugli aerei Ong. Estensione dei permessi


Se è una svolta sarà il tempo a dirlo. Sulla carta il governo scrive una piccola rivoluzione della normativa sull’immigrazione. Impronte digitali e controlli dei telefonini per i migranti-lavoratori che vogliono entrare con un permesso in Italia. Addio “click-day” per decidere quali e quanti stranieri possono firmare un contratto a tempo con le imprese italiane. E insieme un colpo alle Ong che operano nel Mediterraneo e la destra mal sopporta, un freno alle toghe che smontano un pezzo alla volta le leggi del governo.

È il giorno del nuovo decreto flussi a Palazzo Chigi. Arriva con una settimana di ritardo, per i ritocchi e i ripensamenti che tuttavia non stravolgono il testo originale. «Niente dissidi nel governo», sgombra il campo subito in conferenza stampa Alfredo Mantovano, sottosegretario e uomo dei dossier della premier, negando che quella appena approvata dal Cdm sia una «sanatoria dei migranti irregolari in Italia».

LE NOVITÀ

I fondamentali, per iniziare. Scompare il vecchio “click day”, l’evento atteso da migliaia di aziende italiane per “prenotare” una quota di lavoratori stranieri da mettere sotto contratto (a tempo determinato) nel nostro Paese. Il governo lo aveva reso triennale, prevedendo più di 450mila ingressi tra il 2022 e il 2024. Poi l’inversione di marcia e la convinzione che il vecchio sistema presenta troppe falle, sfruttate dalla criminalità organizzata per lucrare sul business dei clandestini tramite una rete di finte società in fila per assumerli con contratti altrettanto finti. A giugno l’esposto della premier Giorgia Meloni alla Procura antimafia, ora il decreto.

Cosa cambia? Punto primo: ci saranno diversi click day nazionali, divisi per categoria di lavoratori in modo da venire incontro alle reali esigenze delle imprese. Turismo, agri-food, manifatturiero. Un canale preferenziale — diecimila ingressi nel 2025 — sarà aperto per l’ingresso di badanti, vera emergenza in un Paese che invecchia e non ha servizi adeguati per gli anziani in difficoltà. Inizialmente si era immaginato un sistema a quote regionali, per evitare truffe e picchi anonimi di domanda localizzati in alcune aree del Paese, ma l’idea per ora è sfumata. Tra le novità, un permesso di soggiorno speciale per le vittime di capolarato che trovano il coraggio di denunciare i caporali. Oltre al permesso, per i migranti che collaboreranno con l’autorità giudiziaria saranno previste tutele ad hoc, sulla scia del programma per i collaboratori di giustizia. E sempre su questo fronte, un’apertura per gli stranieri con un permesso di soggiorno scaduto: avranno sessanta giorni per trovare un nuovo contratto di lavoro e rinnovarlo. Ora le novità e i punti più discussi. Sì perché il governo non ha perso occasione di stringere di nuovo le maglie sul fronte immigrazione, fra le proteste delle opposizioni.

Resta la discussa norma sugli aerei delle Ong: potranno sì sorvolare il Mediterraneo in cerca di dispersi ma collaborando con le autorità italiane, a partire dall’Enac che, se riterrà, comminerà multe salate. Così come viene bollinata la previsione, giuridicamente sensibilissima, che permette all’autorità di polizia di controllare i telefonini dei migranti senza documenti. Dopo giorni di crucci e studio, a Palazzo Chigi ci hanno messo una pezza: i controlli restano ma solo per verificare l’identità, vietato guardare chat whatsapp e corrispondenza privata, il tutto avverrà in presenza di un mediatore e con il via libera di un giudice.

IL DOPPIO GIUDIZIO

A proposito: con il nuovo decreto arriva un’altra novità che non piacerà a (tutte) le toghe. Le sezioni specializzate sull’immigrazione dei tribunali non avranno più l’ultima parola sulla protezione internazionale ai migranti. Subentra un doppio grado di giudizio con «un apposito mezzo di impugnazione, il reclamo dinnanzi alla Corte di appello». È un modo questo per frenare le toghe delle sezioni accusate dal governo di smontare, una sentenza alla volta, le dure norme del decreto Cutro. Affidare il giudizio alle Corti di appello era una vecchia battaglia della Lega all’indomani del caso di Iolanda Apostolico, giudice a Catania che disapplicò il decreto Cutro rimettendo in libertà quattro tunisini. Ora, almeno in parte, è diventata realtà.

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