15.11.2025
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Politics

Conte e Renzi, quella strana coppia che agita Landini e il Nazareno


Al Nazareno, quartier generale del Pd, sono abbastanza contrariati. Anzi, lo sono molto. Vedono la strana coppia, i due che si sono sempre odiati e ancora si detestano, i nemicissimi Conte e Renzi, i quali insieme — come fossero i Coma-Cose di «Cuoricini» prima che si lasciassero — dicono che no e poi no, mai la patrimoniale su chi ha grandi patrimoni, mai «tax the rich» e mai «anche i ricchi piangano», e questo spettacolo da anti-campo largo non piace per niente a Schlein e al suo gruppo dirigente. Se poteva esserci una grande tema pop, capace di unificare tutti noi e di dare al Paese un messaggio forte — questo il lamento nella war room di Elly già in modalità elettorale 2027, ma prima bisogna superare indenni il referendum sulla giustizia tra pochi mesi — era chiaramente quello della lotta dura senza paura alle diseguaglianze. E invece?

Non si sono parlati direttamente in queste ore Conte e Renzi, ma è come se lo avessero fatto. Marciano divisi, dicendo le stesse cose, per colpire uniti. Non colpire Elly ma quasi. Colpire il populismo anti-ricchi, quello sì. «Non so se a sinistra c’è una discussione sulla patrimoniale — afferma Conte — ma per quanto ci riguarda, noi siamo una forza progressista indipendente, una patrimoniale non è all’ordine del giorno». Mazzata sul Nazareno.

VAMPIRISMO
E Renzi, altra mazzata sul Nazareno: «Un pezzo della sinistra, anziché chiedere di abbassare le tasse, rilancia la patrimoniale. A quel punto Meloni va all’attacco dicendo: finché ci siamo noi al governo, nessuna patrimoniale. La donna che ha alzato la pressione fiscale improvvisamente diventa la paladina che difende i cittadini dallo Stato esattore. E la sinistra che potrebbe guadagnare consenso sulla battaglia per abbassare le tasse si trova incastrata nel ruolo di vampiro».

La coppia contian-renzista è un inedito assoluto. Il giuseppi-matteismo è quanto di più assurdo ci si potesse immaginare. Ma la politica questo è: una sorpresa continua. E la sorpresa è che le due ali estreme del centrosinistra, che stanno nella coalizione senza intendersi su nulla e ignorandosi platealmente perché i rispettivi elettorati si odiano, finiscono per convergere sul rifiuto della patrimoniale e questa coincidente posizione non deve far pensare a un accordo tra Matteo e Giuseppe ma a un nuovo terreno di sfida. Quale? Quello che Schlein sembra non considerare o che comunque, per un Pd tutto schiacciato a sinistra, non ritiene interessante. Il terreno del centro, dell’affidabilità da conquistare presso i ceti moderati e abbienti. Il modo di porsi non vendicativo e pauperistico ma dialogante verso un’Italia che sarà pure minoritaria ma esiste e conta e può far vincere le elezioni è quello che l’attuale dirigenza del Pd valuta troppo poco e che i suoi alleati dei lati estremi della coalizione stanno mostrando di comprendere eccome. In una coincidenza che ha qualcosa di spettacolare.

FATTORE MAURIZIO
E pensare che si sono scannati i due. Renzi, che ha propiziato il governo rosso-giallo del Conte Due, successivamente di è detto «orgoglioso» di aver contribuito a farlo cadere. Matteo è arrivato a definire Giuseppi «un bullo di periferia» e «un populista che istiga alla violenza». Conte ha ricambiato più volte, dicendo che Renzi sarebbe una sorta di eversore delle istituzioni repubblicane.

Ma occhio, in questa vicenda, il fattore Landini. Il leader Cgil è il vero sponsor della patrimoniale. Schlein è patrimonialista anche per non perdere il rapporto con la potenza sindacale. Conte ha capito che, nelle primarie del centrosinistra, la Cgil sarà al fianco di Elly e non al suo fianco e quindi si sente più libero di smarcarsi sul tema del tax the rich. Ma in questo, nella strategia del leader M5S, c’è anche la convinzione che possa proprio lui parlare ai ceti moderati a cui Schlein non arriva e fare (senza abbandonare i toni barricadieri) il centrista. Invadendo il campo di Renzi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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