22.05.2025
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Politics

Consulta, l’ora dei pontieri. «Votiamo 4 nomi insieme»


ROMA Scontro totale su tutto, dalla Consulta alla Rai e via dicendo. Ma si può continuare così, nel muro contro muro e nel blocco del Parlamento a fronte di un Paese che ha bisogno di andare avanti senza eccessive fratture oltre a quelle fisiologiche tra maggioranza e opposizione? È il dubbio che, nello stallo, sta emergendo in entrambe le barricate e soprattutto in chi non ama il pulp. Specialmente quei centristi, area Forza Italia, zona Noi Moderati, che credono particolarmente nella dialettica democratica — Pier Ferdinando Casini per esempio, eletto come indipendente nei dem, non fa l’aventiniano nelle votazioni sul giudice costituzionale per rispetto alle sollecitazioni di Mattarella sulla partecipazione alla vita parlamentare, anche se giudica «sbagliata e dannosa la scelta della maggioranza di procedere con una forzatura sull’elezione per la Consulta» — e che soffrono la ruvidezza di quello che un ex parlamentare acuto di scuola democristiana, Pino Pisicchio, definisce «il conflitto permanente tra antagonisti bipolarizzati».

LA NUOVA PAROLA

Si fa strada insomma nelle ultime ore una parola, «dialogo», che pareva scomparsa dal lessico politico. Magari viene usata da qualcuno solo per fare bella figura, ma rieccola. È sceso in campo, dall’empireo, Giuliano Amato, per dire che «serve condivisione». Verrà ascoltato almeno a sinistra, dove Elly Schlein insiste — ma poi qualcosa dovrà muoversi e infatti lei dice: «Sulla Consulta il dialogo non c’è ancora ma noi lo auspichiamo» — in un arroccamento che non è nelle corde di molti suoi compagni di partito? Proprio alla segretaria del Pd si rivolge Giorgia Meloni, a sua volta sempre più consapevole che il muro contro muro non produce risultati, e osserva: «Rai e Consulta? Noi facciamo legittimamente le nostre proposte, e invece la sinistra non fa le sue». Ovvero, tutti a rimproverare all’avversario l’assenza di volontà di dialogo ma la consapevolezza che tra Aventini e contro-Aventini non si va da nessuna parte sembra unire, almeno retoricamente, le due trincee.

A dimostrazione che i pontieri sono in fermento, c’è il nuovo ma sarebbe meglio dire il solito attivismo da patriota repubblicano di Gianni Letta. Non fa che intensificare il suo pressing Maurizio Lupi: «Bisogna procedere con il dialogo, senza pregiudizi e preclusioni». E ragiona così con i suoi, perché altri intendano: «Occorre recuperare la ragionevolezza non solo democristiana ma anche berlusconiana». I pontieri. Il pontierato, che poi è o vorrebbe essere, nella vita parlamentare, sinonimo di politica. Ma davvero c’è uno spiraglio di pacificazione?

C’è Carlo Calenda che non partecipa all’Aventino delle opposizioni sulla Consulta e che giorni fa in commissione Affari Costituzionali ha votato a favore, mentre contiani e dem dicevano niet, del testo base sulla separazione delle carriere che è stato approvato. E sempre lui, il leader di Azione propone come ricetta anti-stallo: «La Costituzione prevede una maggioranza qualificata per eleggere il giudice della Consulta, ovvero serve fare un accordo. A Schlein ho detto che non credo nell’Aventino ma Meloni sa perfettamente qual è l’accordo possibile: due giudici nominati dal centrodestra, uno dal centrosinistra e uno indipendente».

IL LODO CARLO

Il lodo Calenda potrebbe essere preso in considerazione, se le prossime convocazioni dell’aula parlamentare andranno a vuoto come è accaduto finora. Votare a pacchetto, e non solo su Francesco Saverio Marini l’osteggiatissimo filo-meloniano, e inserire nel gruppo, per il centrosinistra, il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex senatore dem che molti nel centrodestra conoscono e apprezzano come persona equilibrata? Forza Italia, proprio in un’ottica nuova e meno muscolare, è pronta a mettere in campo tre nomi ma quelli veri sono due e l’ultimo più del penultimo: la ministra Elisabetta Casellati, il viceministro guardasigilli Francesco Paolo Sisto e il senatore Pierantonio Zanettin.

Fanno molto pontierato, nei confronti degli ex colleghi di opposizione, i centristi che da Azione sono passati in Forza Italia, vedi l’eterno democristiano siciliano Giuseppe Castiglione, sapiente uomo del dialogo, ed Enrico Costa. Il quale, pur essendo uscito dal partito calendiano per riapprodare da ex azzurro negli azzurri, gode di notevole stima a sinistra anche perché — caso raro — ha lasciato la carica di presidente della commissione delle Immunità perché spetta alle opposizioni e lui è passato nella maggioranza. In fondo, le condizioni e i soggetti per il cessate il fuoco ci sarebbero. Serve il coraggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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