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«Come pizzaiolo vale zero. La sua non è pizza». Ma il Codacons si schiera con l’imprenditore


Flavio Briatore apre il suo ‘Crazy Pizza’ anche a Napoli, la capitale della Margherita. Bastano poche ore e il caso diventa nazionale. E’ giusto pagare 17 euro per la più semplice delle pizze, proprio nella città che l’ha inventata? I pizzaioli si dividono: c’è chi dà il benvenuto a una iniziativa ‘coraggiosa’, chi la considera una contaminazione all’insegna dello show, mentre i consumatori temono che la margherita a un prezzo così alto possa innescare un aumento indiscriminato dei prezzi. Il Codacons, d’altra parte, scende in campo inaspettatamente a difesa dell’imprenditore contro i pizzaioli napoletani definiti poco coerenti. Ma andiamo con ordine.

Margherita di lusso a 17 euro

Flavio Briatore presenta, in una intervista al Corriere del Mezzogiorno, il suo ‘Crazy Pizza’ che aprirà i battenti «alla fine della stagione estiva» in via Nazario Sauro, sul lungomare di Napoli.

Aprire a Napoli e con prezzi estremamente più alti della media, per l’imprenditore non rappresenta una sfida da vincere: «Crediamo che la nostra formula di ‘fine dining’ diversa e unica possa essere una aggiunta stimolante al panorama gastronomico locale». Una buona pizza Margherita costa a Napoli tra i 4,50 e gli otto euro, meno della metà dei 17 previsti nei «Crazy Pizza» di Milano e in quello che nascerà nel capoluogo campano: «Niente di esagerato — replica Briatore — sono convinto che il prezzo di 17 euro per gustare una buona pizza in un locale di lusso, serviti da personale qualificato, con dj set e divertimento, sia assolutamente corretto». La pizza più costosa del menu? «Quella con un fantastico Pata Negra Joselito iberico: 65 euro per la nostra pizza più esclusiva». Quanto alle polemiche di qualche tempo fa con uno dei maestri della pizza napoletana, Gino Sorbillo, Briatore lancia messaggi di pace: «Con Sorbillo c’è un rapporto cordiale da anni, ci vedremo sicuramente a Napoli, lo aspetto da noi». 

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I pizzaioli napoletani divisi

Lo stesso Sorbillo poco dopo risponde cordialmente definendo la scelta di Briatore «coraggiosa» e augurandogli il benvenuto. Ma le reazioni non sono solo positive, tra le più dure c’è quella di Paolo Surace, della storica Pizzeria Mattozzi di Piazza Carità, nel centro di Napoli. A suo avviso, la qualità della pizza napoletana è indissolubilmente legata al territorio, alla storia e alla cultura di Napoli ed ogni contaminazione va respinta. «La pizza Margherita a Napoli significa trecento anni di storia in un boccone solo e 90 secondi in un forno a legna: tutto questo Flavio Briatore non potrà trasmetterlo mai ai suoi clienti», dice. «Briatore — afferma Surace — non vende la pizza. Lui vende lo show, lo spettacolo, il locale lussuoso, tutte cose che non fanno parte di noi. La pizza napoletana è sinonimo di semplicità, di ingredienti locali e genuini, appartiene al popolo. Quello che conta è la qualità: Briatore usa un impasto tutto suo che non può dirsi napoletano. Quindi che gli direi? Che è un grande imprenditore, ma come pizzaiolo è zero proprio».

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La difesa del Codacons

Flavio Briatore però trova l’alleato che non ti aspetti nel Codacons, che difende l’imprenditore e bolla la polemica come ipocrita. «Sul prezzo della pizza assistiamo ad un balletto ridicolo — afferma il presidente di Codacons Carlo Rienzi -. A Napoli i pizzaioli da sempre sostengono che la pizza deve essere accessibile a tutti e avere un costo basso, peccato però che questi stessi esercenti, quando aprono una pizzeria a Roma o a Milano, non applichino ai consumatori gli stessi prezzi praticati a Napoli». E’ il caso — viene ricordato — di una nota pizzeria napoletana che nella sua sede nel centro di Roma vende alcuni tipi di pizze a prezzi che sfiorano i 14 euro, un listino non esattamente ‘popolare’ e non alla portata di tutti. Per non parlare di Milano, dove una semplice margherita può arrivare a costare in alcuni locali anche 25 euro.

«A incidere sul prezzo di una pizza sono molteplici fattori, dalla qualità delle materie prime utilizzare a tasse, affitti, stipendi, ecc. — prosegue Rienzi -. Quello che conta è che i listini siano adeguatamente indicati al pubblico e che i prezzi siano trasparenti, senza balzelli ed extra-costi che sempre più spesso trasformano lo scontrino in una brutta sorpresa per i consumatori. Invitiamo Briatore ad un confronto col Codacons — l’invito di Rienzi — per definire un menu a prezzi calmierati da adottare magari un giorno al mese allo scopo di permettere anche a chi ha meno possibilità economiche di trascorrere una serata nei suoi locali». 

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