15.05.2025
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Fashion

chi lo ama e chi lo odia (e perché se ne parla tanto)


Di cosa si parla nella Moda in questo inizio di settimana? Dai giornalisti che stanno ancora finendo di digitare i loro pezzi alle terrazze dell’aperitivo milanesi (e pure romane, perché lo è il protagonista di questa «puntata» della newsletter), l’argomento sulla bocca di tutti è la prova del nove di Alessandro Michele, che domenica ha debuttato in passerella per Valentino a Parigi.

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La sfilata

In Avenue de la Porte Châtillon, tra lampade coperte da veli e pavimento di specchi spaccato hanno sfilato uno dopo l’altro i personaggi di una grande soirée in salsa Anni Sessanta. Massimalismo, opulenza, paillettes, fiocchi e pizzo ma anche stampe, balze, maxi colletti: insomma, nel «Pavillon des folies» di Lallo (per gli amici e i fan) il minimalismo tanto di tendenza è morto ed è stato pure sepolto e archiviato. 

Perché tutto questo hype

Ma andiamo con ordine: Michele, direttore creativo di Gucci per 7 anni, ha concluso (è stato silurato, si è ipotizzato) il suo rapporto di lavoro con la maison nel 2022 nello scalpore più generale, dopo aver prodotto diverse collezioni indimenticabili a suon di accessori diventati must have, echi bohémien e celebrazioni della sua Roma (ve le ricordate le giraffe al pascolo nel Parco degli Acquedotti in una delle prime campagne diventate virali? Noi sì). Più o meno un anno e mezzo dopo è stato nominato come successore di Pierpaolo Piccioli da Valentino, alzando un polverone che non si è più placato e che è pure aumentato dopo la prima sfilata, la scorsa domenica.

Chi ama e chi odia

Diciamocelo, il mood di Alessandro Michele o si ama o si odia: non tutti digeriscono quella pioggia di balze, i cappelli a falda larga, i broccati dall’aura vintage. Troppo volume, troppi ricami, troppe informazioni da assimilare tutte insieme, «troppa roba» in generale, ha scritto una nota critica di moda statunitense in queste ore. Ma soprattutto «Non è Valentino» è il commento più di tendenza sui social.

Di certo non è il Valentino del nostro immaginario.

Non è il Rosso Valentino che ha fatto sognare le generazioni dalle nostre nonne in giù, non sono i look sfoggiati dalle star di Hollywood sui red carpet anni Novanta e non sono gli abiti da sera di Pierpaolo Piccioli che scendono gli scalini di piazza di Spagna. Ma Pierpaolo Piccioli ha lavorato per anni al fianco di Valentino Garavani (l’imperatore in persona) e con le sue creazioni ne ha seguito la lineare evoluzione.

Michele no. Michele ci ricorda che Valentino «è stato anche un rivoluzionario, un eccentrico, un uomo che ha vissuto la sua omosessualità in maniera libera, coraggiosa, in un’epoca in cui non era facile. Come per Yves Saint Laurent, le sue rivoluzioni sono diventate istituzioni, e forse le abbiamo date per scontate». Così Alessandro si è immerso nelle collezioni degli anni Sessanta ai primi anni Ottanta e le sue fantasie, i suoi pois, le sue sottovesti sono delle rivisitazioni accurate e ricercate dei pezzi d’archivio. Se ha rifatto la sua Gucci? Un po’, ma in fin dei conti è solo stato se stesso e tra l’altro, se i guru di Kering lo hanno messo sulla poltrona di Valentino è proprio perché nessuno come lui era stato in grado di rilanciare un marchio creando un immaginario totalmente nuovo. 

E poi, diciamocelo, il lusso è in crisi (anche) perché da un paio d’anni si vedono gli stessi capi ovunque: se tutti abbiamo il guardaroba pieno di blazer oversize e mocassini e siamo perennemente alla ricerca della semplice t-shirt bianca perfetta ci farà davvero male sognare un po’ di poesia, due frizzi e lazzi, sottovesti da teatranti e outfit da icone bohémien in libera uscita? 

PILLOLE FASHION

L’appuntamento: Stefano Pilati x Zara

Esce il 3 ottobre la capsule collection di Stefano Pilati per Zara che, prevediamo, andrà sold out il tempo di mettere tre elementi nel carrello. Tra i pezzi, che in totale saranno un centinaio più gli accessori, vediamo il trionfo del nero, tailleur con micro fantasie, maxi orecchini, tanta pelle e chilometrici stivali cuissards. 

La tendenza 

Diciamo tutti insieme un sonoro «ciao» alle micro-borse (tanto comunque non ci entrava nulla) e accogliamo a braccia aperte quelle di dimensioni più consone, leggi enormi: il modello dell’autunno è la hobo bag in chiaro stile anni Settanta, di preferenza di camoscio. Quellla dei sogni? La Hop bag di Bottega Veneta.  

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