10.05.2025
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Sports

che cos’è, le regole, dove giocarlo e i campionati nazionali


Si capiscono al primo sguardo, eppure è schermato dalla maschera. Il loro sport è l’hockey subacqueo. Ci si sfida in piscina sei contro sei, in apnea, senza bombola, tutto d’un fiato, risalendo appena possibile. 15 minuti per tempo. Le riserve sono quattro: cambi volanti e ravvicinati (ogni 3-4 minuti) permettono di riprendere respiro. Con specifiche mazzette in pvc o legno, impugnate con un guanto in silicone o lattice, bisogna colpire un disco di piombo di 1.3 kg, rivestito in plastica. Non c’è un portiere ma tutti i giocatori sono votati all’attacco e alla difesa anche se negli ultimi anni hanno preso piede — pinnato — degli schemi che permettono di sbizzarrirsi: dal 3-3 degli esordi, all’ultima trovata, l’1-3-2. 
La squadra di Roma, l’Altitudo, preferisce invece il più collaudato 2-3-1: «Ma si legge al contrario rispetto al calcio, due non sono i difensori ma gli attaccanti» spiega Alessandro Proia, allenatore dei giallorossi e della Nazionale italiana.

A TESTA IN GIÙ

D’altronde nell’hockey subacqueo — regola che vince chi segna più gol a parte — tutto è un po’ ribaltato.

Giocare a testa bassa, trattenere il respiro e toccare il fondo qui sono consuetudini dai connotati positivi. Anche l’allenatore — è il caso di Proia nell’Altitudo — può gareggiare. Le sostituzioni non rattristano ma ridestano. 30 minuti di andirivieni su e giù — anche a tre metri e mezzo sotto l’acqua — sono infatti sfiancanti: «Ci alleniamo tre volte a settimana ma non basta: c’è chi fa crossfit, chi cyclette, chi corsa». Insomma farsi un fisico abissale non è facile. Nemmeno per gli arbitri: per evitare che si perdano qualche azione, tra bolle e spostamenti veloci, nelle competizioni internazionali sono addirittura quattro: tre sott’acqua, che boccheggiano a intermittenza, uno in superficie, quello di riferimento: «Nel momento in cui uno di loro vede che c’è un fallo riemerge e fa un segno con la mano: a quel punto il direttore di gara principale innesca un segnale acustico collegato a un altoparlante sott’acqua: avvisa che il gioco è fermo».

DUE SQUADRE

L’Altitudo sarà l’unica squadra a portare due formazioni ai campionati italiani di San Marino, il 26 e il 27 aprile.
Tre scudetti e tre Coppe Italia nel suo palmarès, l’unione e l’inclusione sono la forza dei romani: «Fuori dall’acqua non c’è rivalità. Un ragazzo della squadra di Bari, qui per lavoro, si allena per esempio con noi anche se poi in campionato siamo nemici». Si chiama Giovanni Luca De Lisotta: fa parte del giro della Nazionale così come due giocatori dell’Altitudo, Paolo Rocchi e Davide Cacciatore. Ma la rosa degli azzurri, in vista delle qualificazioni ai Mondiali, è ancora tutta da decidere come spiega l’allenatore: «A maggio un torneo internazionale in Francia farà da rodaggio per le qualificazioni dei Mondiali, in Olanda, a Dordrecht, dal 17 al 23 agosto».

UN AIUTO PREZIOSO

Una trasferta impegnativa da sostenere: «Non coperta interamente dalla nostra federazione, la Fipsas, per motivi di budget. Con delle iniziative di crowdfunding stiamo cercando finanziamenti». Un problema sorto per la visibilità ridotta di uno sport che all’estero invece ha più slancio: «In Francia ci sono più di 6000 praticanti. Le nazioni più forti sono Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica, Colombia e Inghilterra, la patria di questo sport».
Ma in Italia il poco seguito non frena divertimento e passione: «Scherziamo molto — conclude Proia — c’è il premio Rocchi (nome di un giocatore ndr) per chi prende più botte, quello Meloni per il più distratto e poi battezziamo i nuovi arrivati con la birra bevuta col boccaglio a testa in giù. Ci sono stati anche momenti seri: nel cuore portiamo due ragazzi d’oro che sono mancati, Bubu e David. Siamo ancora più uniti grazie a loro».
Come da copione: per niente superficiali.

 

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