Dopo l’assassinio di Kirk, i toni si sono accesi tra maggioranza e opposizione. C’è chi ha ricorda gli anni di piombo e rievoca le Brigate rosse, chi ha citato la morte del commissario Calabresi. Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi invita alla calma, perché il pericolo di un «salto di qualità» dalla protesta all’azione violenta esiste.
Ministro Piantedosi, in Italia c’è il rischio di un caso Kirk? O di ritorno della lotta armata?
«C’è un clima di tensione che non mi piace ma non ci sono elementi diretti che lascino presagire un ritorno di quei tempi terribili. La suggestione della lotta armata è stata, a quel tempo, sconfitta da un mix di reazione dello Stato e di indignazione degli italiani. Furono creati antidoti che sono ancora molto forti. Non per questo dobbiamo sottovalutare quegli ambienti e quei gruppi che in Italia, come in tutta Europa, fanno dell’antagonismo la cifra della loro esistenza e sono sempre in cerca di pretesti per rendersi protagonisti di violenze e disordini».
Cosa teme?
«Bisogna stare sempre attenti a non alimentare quel clima di tensione che, talvolta, si respira nel dibattito politico e nella società ed evitare il pericolo di effetti emulativi e “salti di qualità”».
A Pontida è andata in scena una sorta di santificazione di Charlie Kirk. L’influencer del popolo Maga professava però anche l’uso di armi e parole d’odio. Non è un rischio idealizzare personaggi così divisivi?
«Qualsiasi fossero le sue idee, aveva come tutti il diritto di esprimerle. Così come chiunque aveva il diritto di contestarle, ma non certo con la violenza, men che meno mortale. C’è chi si stupisce per la celebrazione della figura di Kirk ma, in realtà, quello che dovrebbe far rabbrividire è l’atteggiamento di chi in qualche modo ha giustificato la sua eliminazione».
Come se in qualche modo se la fosse cercata?
«Una sorta di riproposizione dello slogan “uccidere un fascista non è reato”. Ancora più preoccupante se si considera che è sempre più frequente ritenere “fascista” chiunque semplicemente non la pensa come te».
Solo qualche settimana fa, lei ha inviato cecchini sui tetti di Viterbo dopo aver stanato due cittadini turchi armati prima della festa di Santa Rosa. In questi tre anni ha dovuto fare i conti con violente manifestazioni di piazza, i rischi legati a minacce ibride, svariati allarmi sul terrorismo. Qual è stato il momento o l’evento che ha vissuto con più timore?
«Non c’è una circostanza in particolare. Il Ministro dell’interno è naturalmente portato a dover affrontare in continuazione situazioni complesse ma finisce necessariamente con il voltare pagina ogni giorno. A Viterbo in poche ore abbiamo dovuto svolgere una approfondita attività di analisi e, al contempo, assumerci la responsabilità di adottare decisioni difficili. Dovevamo garantire la sicurezza e contemporaneamente evitare di creare panico tra la popolazione. Abbiamo messo in campo misure di prevenzione molto forti per consentire di far svolgere la celebrazione nel migliore dei modi».
Gli hotspot in Albania sono praticamente vuoti. Quanto ci vorrà per farli entrare a regime?
«Andranno a pieno regime a giugno con l’entrata in vigore del nuovo patto asilo e immigrazione. In questi mesi ci hanno consentito di rimpatriare un discreto numero di migranti irregolari. Avremmo voluto fossero di più ma ci siamo scontrati con una contrarietà, talvolta pregiudiziale, di una certa giurisprudenza».
Le opposizioni denunciano un ingente spreco di risorse pubbliche. Non temete un intervento della Corte dei Conti? Non sarebbe più semplice chiuderli?
«Le nuove regole europee ci obbligano ad effettuare le procedure accelerate alla frontiera, esattamente quello per cui sono stati realizzati quei centri. La loro realizzazione, pertanto, è un investimento. Tanto più che i centri sono comunque già adesso in funzionamento. Ci si dovrebbe preoccupare di più del fatto che alcuni criminali che volevamo trattenere in Albania per rimpatriarli sono stati messi in libertà a seguito di ricorsi».
Renzi propone di portarci i detenuti albanesi che si trovano nelle nostre carceri. Potrebbe essere un’idea?
«Faremo di più e meglio. Da lì verranno riportati a casa in tempi brevi persone che non hanno diritto a soggiornare in Italia, evitando che rimangano inutilmente per anni pesando sulle casse dello Stato. Credo siano utilissimi così».
Slavini sostiene che il problema non sono i carrarmati russi ma i troppi delinquenti stranieri che ci sono in Italia e che lì vanno investiti i soldi per la difesa: presidio di treni, stazioni, mezzi pubblici, scuole e strade. Siamo messi così male?
«I carrarmati russi sono effettivamente lontani ma ahimè molto attivi ed è giusto che l’Europa si comporti di conseguenza. Detto questo, i nostri militari concorrono — con Polizia e Carabinieri — con l’operazione “strade sicure” a rafforzare quel sempre più efficace presidio del territorio che ci ha permesso di far calare i reati commessi in Italia. Salvini peraltro ha ragione — perché è un dato di fatto — quando rileva che gli stranieri irregolari commettono in proporzione la maggioranza dei delitti. Per questo abbiamo lavorato per aumentare i rimpatri di quelli maggiormente pericolosi».
Lavorate a una nuova stretta?
«Stiamo lavorando in Europa su come rafforzare il sistema dei rimpatri degli irregolari. È un’esigenza avvertita in tutti i paesi».
Dopo le violenze dell’aprile scorso, con 24 agenti feriti e due quartieri in ostaggio dei tifosi, lei ha imposto lo stop per le partite serali allo stadio Olimpico.
«Una decisione presa dopo aver concesso aperture dopo anni di divieti ed esserne stati ripagati con le vergognose scene di guerriglia urbana di cui si macchiarono in quelle ore gli ultras. Una parte della città tenuta in ostaggio per ore da facinorosi che hanno finito per danneggiare la stragrande maggioranza dei tifosi. E questo rammarica anche me. Peraltro il ritrovamento, poco prima del derby, di mazze e lame pronte per essere utilizzate per atti di volenza, scongiurati ancora una volta solo dall’azione delle Forze di polizia, conferma l’inevitabilità di quella decisione».
Pensa di tenere il punto fin quando sarà al Viminale?
«Al momento non vedo alternative. Ma spero di essere smentito e di potermi ricredere di fronte a fatti concreti. Non si può consentire di mettere a repentaglio la tranquillità e la sicurezza dei cittadini. Lo sport deve riempire la vita delle città, non ostacolarla. E poi, devo assicurare rispetto anche per il lavoro di centinaia di operatori delle forze dell’ordine che, in queste circostanze, vengono impegnati per ore in scenari di vera e propria guerriglia».
Con la crisi in Medioriente, c’è il rischio che crescano gli sbarchi sulle nostre coste?
«I flussi migratori sono alimentati dalle situazioni di instabilità. Quindi il rischio c’è sempre. Anche da questo punto di vista va evitato che la crisi medio-orientale si estenda a tutto il Nord Africa.
Veniamo al caso Almasri. Pensa sia giusto “scudare” anche il capo del Gabinetto del ministero della Giustizia, Giusy Bartolozzi?
«Assolutamente sì. Sono stato personalmente testimone di quanto la dottoressa Bartolozzi abbia lavorato in pieno concerto con tutti noi nella gestione di quella vicenda ed esclusivamente sotto le direttive del suo Ministro».
Il governo ha da rimproverarsi qualcosa?
«Assolutamente no! Agendo diversamente, ora ci verrebbero rimproverate le conseguenze di una differente gestione della vicenda».
Tornaste indietro, apporreste il segreto di Stato?
«La cosa principale è che abbiamo agito nell’esclusivo interesse del nostro Paese e dei nostri cittadini. Trovo singolare che, averlo fatto in assoluta trasparenza, possa diventare oggetto di critica. Non credo che la situazione assuma un rilievo diverso solo a seconda delle modalità che si scelgono. Lo ripeto: dovevamo proteggere i nostri interessi e i nostri cittadini e lo abbiamo fatto».
Un’ultima cosa ministro. Ad agosto avete sgomberato Leoncavallo. Casapound invece è ancora lì… «L’immobile di Casapound è inserito nell’elenco di quelli da sgomberare in caso di mancata restituzione da parte degli occupanti. Lo decisi io stesso quando ero Prefetto di Roma. Prima o poi anche quello stabile verrà liberato».
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