L’obiettivo è quello di costruire nuove residenze oppure di riqualificare quelle dismesse per garantire condizioni abitative migliori agli addetti delle imprese. Soprattutto a quelli più giovani che non si spostano verso i territori dove c’è più domanda, che non seguono i flussi della mobilità del lavoro, perché non riescono a sostenere gli alti costi della vita.
Confindustria chiama all’appello — con un apposito tavolo — il demanio (quindi il governo e gli enti locali), gli sviluppatori e i fondi immobiliari, i costruttori, gli investitori istituzionali fino ai risparmiatori per sviluppare il suo piano abitativo, necessario per garantire una casa a tutti i dipendenti delle imprese.
COMPETITIVITÀ
Non a caso il presidente di viale dell’Astronomia, Emanuele Orsini, sottolinea che alla base di questo progetto c’è soprattutto «una questione di competitività» dell’intero sistema produttivo. Perché come ricorda al Messaggero Angelo Camilli, vicepresidente con delega al fisco, «oggi dobbiamo affrontare un problema molto forte di carenza di personale, peraltro superiore al periodo della pandemia: nel 50 per cento dei casi le imprese non riescono a trovare le figure ricercate. In alcuni settori si supera il 60. Senza dimenticare che dal 2008 al 2022, 525mila giovani ben formati sono andati via dall’Italia. Di loro solo un terzo è rientrato. E parallelamente facciamo fatica ad attrarre le competenze migliori dall’estero». Di conseguenza, assieme alla formazione e alla ricerca, anche la questione abitativa, la necessità di garantire affitti calmierati, diventa un elemento centrale di competitività. «Rischia di mancare il capitale umano — aggiunge Camilli — necessario per creare ricchezza. Secondo le stime della Banca d’Italia, da qui al 2040 perderemo 5,4 milioni di persone in età lavorativa, con un calo di Pil di 13 miliardi». Un primo pezzo del piano casa di Confindustria ha già visto la luce in manovra, con il livello di fringe benefit salito a 5mila euro per le aziende che contribuiscono al pagamento dell’affitto dei loro dipendenti che, per accettare un lavoro, devono spostarsi di oltre 100 chilometri. Adesso, però, va creata la cornice (normativa e organizzativa) della piattaforma e permettere alle singole imprese di lanciare i primi progetti. In questa direzione Viale dell’Astronomia ieri ha reso noto i sei punti attraverso i quali si articola la proposta: semplificare le procedure o rimuovere gli ostacoli di natura urbanistica e amministrativa; coinvolgere soggetti pubblici per mettere a disposizione aree e stabili dismessi; introdurre forme di garanzia pubblica per coinvolgere banche, investitori istituzionali o risparmiatori in progetti con ritorni sul medio e lungo termine; mettere in campo incentivi fiscali; rafforzare misure a tutela della proprietà privata.
Aggiunge Camilli: «Con la bassa produttività scontiamo anche problemi di livelli salariali. E il costo dell’abitazione o quello dei mutui finisce per avere un’incidenza pesante sulla parte retributiva. Il che impedisce di soddisfare la domanda delle imprese per le figure specializzate». Urge un’inversione di rotta. Di conseguenza, per facilitare gli investimenti nella costruzione di nuovi edifici o nella riqualificazione di quelli esistenti, si guarda a incentivazioni di natura più burocratica, come «procedure flessibili speciali per le varianti urbanistiche, semplificazioni per i cambi di destinazione d’uso o la riduzione degli oneri di urbanizzazione». Parallelamente — aggiunge il vicepresidente di Confindustria — all’attivazione di strumenti di garanzia «per attutire i rischi devono seguire interventi fiscali per spingere l’interesse di investitori non professionali: ridurre l’Imu per le imprese che realizzano gli alloggi o detassare integralmente i rendimenti di risparmiatori e investitori».
GLI EFFETTI
Confindustria da mesi porta avanti un monitoraggio sulle aree dove c’è maggiore divario tra domanda e offerta da lavoro. Ed è proprio in questi territori che potrebbero partire le prime sperimentazioni del piano. «Non c’è soltanto la necessità di riportare a un livello accettabile l’incidenza degli affitti sui salari. È un’operazione — conclude Camilli — dalla forte valenza sociale. Chiediamo al governo e agli enti locali di indicarci aree ed edifici dismessi. E un utilizzo migliore di questi beni, con l’aiuto dei sindaci, può servire anche per riqualificare aree oggi degradate, migliorando sia la qualità abitativa sia quella dei servizi».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Risparmio e investimenti, ogni venerdì
Iscriviti e ricevi le notizie via email