Tra meno di due settimane, il 18 luglio, nel Blenheim Palace, in Inghilterra, si svolgerà la quarta riunione della Comunità politica europea. L’incontro avverrà a pochi giorni dalla storica vittoria dei laburisti. David Lammy sarà il probabile nuovo ministro degli Esteri britannico, uno che aveva definito la Brexit «una tragedia nazionale». Sia chiaro: la Comunità politica europea, istituita nel 2022 su proposta di Macron, non è la Ue, è una istituzione che promuove una piattaforma di discussione di tutti i paesi europei, ben oltre i confini dell’Unione. Il fatto che il vertice si tenga nel cuore del Regno Unito, poco dopo la vittoria di chi come Starmer si era schierato a favore del «remain», ha però un valore simbolico e aiuterà anche a comprendere cosa cambierà a Downing Street nei rapporti con Bruxelles.
CAUTELA
Keir Starmer, in campagna elettorale, è stato estremamente cauto nell’evitare scivoloni su un tema altamente divisivo come quello della Brexit che pure non ha garantito ai cittadini britannici i benefici sperati, anzi. Ha più volte ribadito che vuole riallacciare i fili del dialogo con l’Unione europea, ma ha anche detto con fermezza: «Escludo che il Regno Unito possa rientrare nella Ue, nel mercato unico o nell’unione doganale. Non penso che possa avvenire in un futuro prevedibile di qualche decennio. Di certo non durante la mia vita». Starmer ha 61 anni. Con queste parole, alla vigilia di un voto in cui puntava a sfondare il campo avversario e a raccogliere i consensi anche di chi aveva sostenuto la Brexit, l’obiettivo era mantenere un messaggio inclusivo. Restano però altre frasi pronunciate da Starmer che guardano a un nuovo dialogo con i paesi al di là della Manica, inevitabile non solo per ragioni collegate all’economia, ma anche per uno scenario geopolitico che richiede compattezza. Starmer ha detto parlando dei rapporti con Bruxelles: «Penso che potremmo ottenere un accordo migliore di quello pasticciato sul fronte del commercio, della ricerca, dello sviluppo e della sicurezza». Sunak, primo ministro Tory uscente, il 27 febbraio del 2023 ha siglato con l’Unione europea l’accordo legale chiamato Windsor Framework, che regolava il post-Brexit, in particolare il protocollo dell’Irlanda del Nord e la delicata questione dei confini (e del passaggio delle merci) con l’Irlanda e dunque con l’Unione europea.
I Labour ora puntano a una riduzione delle restrizioni commerciali e alla semplificazione di controlli agroalimentari, ma a Bruxelles si mantiene una evidente freddezza per evitare cedimenti. Scrive The Guardian: «Fonti autorevoli di Bruxelles hanno dichiarato questa settimana che, sebbene la leadership dell’Ue accoglierebbe con favore un cambio di governo nel Regno Unito, non rivedrebbe le sue linee rosse sulla Brexit, ma sarebbe aperta a migliorare gli accordi esistenti». Ancora queste fonti dicono anche «che le profonde cicatrici lasciate dai conservatori durante i negoziati sulla Brexit, insieme alle nuove priorità causate dalla guerra in Ucraina e dall’ascesa dell’estrema destra, pesano molto sull’opinione delle personalità influenti di Bruxelles. «Non è che stiano pensando cose buone sul Regno Unito, non è che stiano pensando cose cattive. Non stanno pensando affatto al Regno Unito», ha affermato una fonte importante vicina alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen». Avverte un’altra analisi, questa volta di Politico: «Gli ardenti sostenitori del Remain che sperano che la Gran Bretagna possa rientrare nell’Ue sotto la guida di Starmer probabilmente rimarranno delusi. Lo slogan del partito laburista è «Make Brexit Work»».
STABILITÀ
C’è un altro fattore però che gioca a favore di Starmer. Se l’Unione europea affronta un periodo di burrasca e incertezza, se c’è anche una fase tumultuosa che attende gli Usa in vista delle presidenziali di novembre, il Regno Unito, dopo gli ultimi anni disastrosi vissuti tra party di Johnson durante il lockdown, il flop lampo della Truss e la faticosa esperienza di Sunak, ritrova una stabilità potenzialmente invidiabile. La maggioranza su cui potrà contare Starmer è a dir poco solida e, paradossalmente per lui che si era battuto contro la Brexit, la vittoria è stata ottenuta nelle prime elezioni generali svoltesi nel Regno Unito da quando non fa più parte della Ue (il referendum è del 2016, ma l’uscita avvenne il 31 gennaio 2020).
Mauro Evangelisti.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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