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«Boxe italiana ai mondiali per risorgere»


Clemente cerca un erede: adesso tocca a lui, stando all’angolo, trasmettere la mentalità vincente ai giovani azzurri impegnati in questi giorni ai Mondiali di Liverpool. Il popolare Tatanka, due argenti olimpici e due titoli iridati, resta legato al ring in un ruolo diverso, quello di responsabile tecnico a fianco del d.t. Giovanni De Carolis. Clemente Russo non ha abbandonato davvero il ring, anche se si è ritirato alla vigilia dei Giochi di Tokyo, perché vuole far rinascere una Nazionale uscita con le ossa rotte dall’esperienza di Parigi e che si presenta in Inghilterra senza Irma Testa e Abbes Mouhiidine.

Clemente, dieci anni fa avrebbe mai immaginato di diventare un tecnico azzurro?

«No, non me lo aspettavo. Ma in cuor mio l’ho sempre voluto».

Su cosa avete lavorato in questi primi otto mesi?

«Ho fatto quattro Olimpiadi e ho accumulato esperienza con maestri che ci facevano lavorare in gruppo. Ma sono dell’idea che bisogna fare allenamenti differenziati: un portiere non può fare la preparazione di un attaccante e viceversa. Lo stesso vale per i pugili, che hanno qualità fisiche diverse. Per lavorare singolarmente sugli atleti, entriamo in palestra la mattina alle otto e usciamo la sera alle otto».

Con Giovanni siete anche opposti come carattere.

«Ho trovato uno più ‘pazzo’ e maniacale di me. Ci compensiamo e non ci calpestiamo i piedi. Anche se siamo diversi, formiamo una coppia fortissima. Certo, poi lo dovranno dire i risultati».

Cosa si aspetta da questo Mondiale?

«È l’evento più difficile che esista, più dell’Olimpiade stessa. Perché hai pochi giorni di recupero tra un match e l’altro. All’Olimpiade sconfissi ai quarti l’ucraino Usyk (oggi unico re dei massimi, ndc) pur avendo una lesione muscolare al quadricipite, ma ebbi quattro giorni e potei fare la semifinale (poi vinta contro l’americano Wilder, ndc)».

C’è anche una ragazza della “sua” Marcianise.

«Sì, Giovanna Marchese nei 48 kg. L’ho vista crescere nella mia palestra».

Diego Lenzi può riportare l’Italia maschile sul gradino più alto del podio a distanza di 12 anni dal suo oro ad Almaty?

«Lenzi si è distinto negli ultimi tornei vincendo delle medaglie e non nego che sia la nostra speranza. La nostra è una squadra giovane, con solo due pugili che hanno partecipato all’Olimpiade».

Come mai non c’è la Testa?

«Per me Irma resta un talento indiscusso. L’ho allenata a inizio anno quando è venuta in nazionale ai primi ritiri. Era fuori forma e sovrappeso perché non combatteva da Parigi. Mi è dispiaciuto tantissimo perderla e spero che possa tornare e ritrovare la motivazione giusta. Noi la aspettiamo a braccia aperte».

Come mai non c’è in squadra l’argento uscente Abbes?

«Abbes è un altro super campione. Per noi è un punto fermo. Lo vorrei in squadra, anche perché l’ho cresciuto io. È stato il mio sparring partner fino a quando ho smesso. Oggi deve decidere se fare il professionista o fare il dilettante. Purtroppo ha subito in Kazakistan un ko al primo round e ha dovuto saltare il ritiro per il certificato medico. Senza una preparazione idonea abbiamo deciso di lasciarlo a casa».

È assente anche Angela Carini, protagonista del ritiro contro la Khelif che ha fatto tanto rumore.

«Angela ha scritto a Giovanni per dirgli che non se la sentiva e che voleva saltare questo Mondiale per prendersi del tempo. Anche per lei le porte della Nazionale sono aperte. Noi abbiamo già parlato con Angela, ma senza ritornare su quanto è accaduto a Parigi, perché un atleta non va toccato sui ricordi negativi. Dobbiamo dare segnali positivi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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