15.05.2025
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Economy

«Bene sui conti pubblici». Sì alla sesta rata del Pnrr


Italia promossa a pieni voti, Germania rimandata e Paesi Bassi bocciati. La prova d’esame è quella, duplice, dei conti pubblici: non solo i Documenti programmatici di bilancio (Dpb) per il 2025 ma, per la prima volta, pure i Piani strutturali di spesa (Psb) a medio termine introdotti dal nuovo Patto di stabilità. Le pagelle, diffuse ieri dalla Commissione Ue riunita a Strasburgo per l’ultima riunione del mandato (la numero 191), restituiscono l’immagine di un’Europa al contrario. I mediterranei considerati “spendaccioni” (Italia, ma anche Grecia e Francia) folgorati sulla via del rientro del debito con i loro piani virtuosi, mentre i frugali del Nord Europa finiscono per essere i nuovi “cattivi alunni” bacchettati dall’Ue per avere i conti in disordine.

Per l’Italia si tratta di una serie di buone notizie. Come anticipato ieri dal Messaggero, al termine di un fitto dialogo sviluppatosi nel corso degli ultimi sei mesi, l’esecutivo Ue ha approvato sia la bozza di manovra, giudicata «in linea» con le raccomandazioni Ue (un miglioramento del parere rispetto allo scorso anno), sia il piano di risanamento dei conti, che «soddisfa i requisiti» del Patto e «definisce un percorso credibile» di riduzione del debito. L’Italia dovrà tagliare il deficit strutturale dello 0,6% nel 2025 e nel 2026 — anno in cui, secondo le stime tanto di Roma quanto di Bruxelles, uscirà dalla procedura per disavanzo eccessivo aperta a giugno -, per passare poi a sforbiciate di 0,5% ogni anno fino al 2031. Via libera, poi, come previsto, alla richiesta di estendere il Psb da quattro a sette anni, in cambio di riforme e investimenti eredi delle logica del Pnrr (e anche di molte delle sue priorità: dall’aumento degli asili alla digitalizzazione della Pa).

LE SCADENZE

È sul rispetto di impegni e scadenze che si sposta adesso il faro del monitoraggio dei tecnici di Bruxelles: qualche primo indizio in questo senso dovrebbe arrivare entro aprile. Di «giudizio atteso, frutto di una politica economica e di scelte improntate sulla serietà» ha parlato il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, mentre il commissario Ue agli Affari economici Paolo Gentiloni — alla sua ultima apparizione da esponente Ue — ha sottolineato che la disciplina di bilancio non è adottata a scapito degli investimenti pubblici, «che tra quest’anno e il prossimo, in Italia, passano dal 3,5% al 3,8% del Pil», al di sopra della media dell’Eurozona. A completare l’incetta di positività blustellata per l’Italia, ieri è arrivato pure — ma si tratta di un iter del tutto parallelo — l’ok alla sesta rata del Pnrr, ultimo risultato che Raffaele Fitto può incassare ancora da ministro titolare, prima di passare, domenica, dall’altro lato della cattedra con i gradi di vicepresidente della Commissione e delega alla Coesione (e al Recovery Plan). L’assegno staccato, che Roma aveva richiesto a giugno, ammonta a 8,7 miliardi di euro (1,8 sono sovvenzioni, 6,9 prestiti) ed è relativo al completamento di 23 traguardi e 16 obiettivi, tra cui misure di contrasto del lavoro nero e investimenti nella Linea Adriatica.

Commissione europea, oggi le pagelle: l’Ue promuove l’Italia, ok al piano sui conti pubblici

I FALCHI

La giornata dei conti (aspettando quella della conta, con la plenaria che oggi è chiamata a votare la fiducia all’intera nuova Commissione), per i frugali del Nord Europa ha avuto un sapore decisamente più amaro. Tanto che i falchi ritirano gli artigli, vittime della loro stessa intransigenza. «Ci sono regole rigide, ma onestamente non sono stato io a volerle», ha rivendicato Gentiloni, rimandando la palla nel campo nordico: «Qualcuno le ha chieste…». Clamoroso il caso dei Paesi Bassi, che si vedono bocciare sia il Psb, che dovranno riscrivere, unico Stato tra i 21 su cui si è espressa ieri Bruxelles, sia la bozza di legge di bilancio 2025, anche in questo caso la sola a «non essere in linea» con i precetti Ue. Cartellino giallo, invece, per la Germania, che ha deciso all’ultimo di spalmare il suo piano pluriennale di spesa su sette anni e pertanto non lo ha ancora recapitato all’esecutivo Ue (valutazione, quindi, assente), mentre per il Dpb si è sentita dire che «non è pienamente in linea» con le raccomandazioni Ue, al pari di quello della Finlandia. Helsinki supera la soglia del deficit al 3% del Pil scritta nei Trattati, ma non si vedrà aprire una procedura per disavanzo eccessivo perché, secondo i calcoli Ue, già l’anno prossimo rientrerà sotto il livello di guardia; discorso diverso per un altro frugale di rito, cioè l’Austria, per cui Bruxelles valuterà l’inizio di una procedura. Come quella che da giugno riguarda il nostro Paese, e per cui ieri sono state rese note le raccomandazioni di rientro. L’Italia dovrà mantenersi nei valori messi nero su bianco nel suo Psb: la spesa primaria netta (indicatore chiave del nuovo Patto) non dovrà crescere più dell’1,3% nel 2025 e dell’1,6% nel 2026, in modo di riportare il disavanzo sotto il 3% del Pil al termine di quell’anno. E mandare in soffitta l’etichetta di “osservata speciale”.

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