22.07.2025
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Economy

Bancomat, gli pseudo-sportelli per prelievi e versamenti non gestiti da banche o Poste. Allarme di Mef e Bankitalia: «Alto rischio riciclaggio»


La scritta che li contraddistingue è semplicemente Atm, l’acronimo internazionale per Automated Teller Machine. Sono sportelli automatici per versare e prelevare soldi, come quelli che di solito si trovano all’esterno delle banche. La differenza è che non sono gestiti né dalle banche né dalle Poste.

Con sempre maggiore frequenza iniziano a vedersi nei centri delle città italiane, soprattutto nei luoghi turistici o nei centri commerciali. Comunque, in aree molto frequentate. Rispetto a quelli che fanno capo agli istituti di credito, spesso a offrire il servizio per cittadini e turisti sono società estere, che operano in Italia in libera prestazione, ma che non sono sotto la vigilanza italiana. Un grattacapo per le autorità nazionali, anche se questi servizi passano comunque per i circuiti di pagamento internazionali.

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LA VIGILANZA

Prima la Banca d’Italia, nei report della sua Unità di informazione finanziaria (Uif), e da ultimo il Tesoro hanno acceso un faro. A mettere in allerta le authority sono possibili falle nell’applicazione delle regole per prevenire il riciclaggio.

«Un primo profilo di criticità attiene alla possibilità che le banconote contenute negli sportelli automatici siano di origine illecita», scrivono gli esperti del dipartimento del Tesoro del ministero dell’Economia, in una delle ultime analisi sul riciclaggio di denaro e sui rischi di finanziamento del terrorismo. Tale rischio, si legge, «appare mitigato nel caso in cui il gestore dell’Atm sia un soggetto vigilato». A volte, tuttavia, questo può non bastare.

«La diffusione degli Atm gestiti da soggetti esteri in libera prestazione di servizi pone problematiche anche nel caso di soggetti vigilati, per le difficoltà di ricostruire l’operatività e raccogliere tempestivamente le informazioni utili», ai fini dell’antiriciclaggio.

Analizzando i rischi dal lato di ciò che clienti e utenti possono o non possono fare, il timore è che gli Atm indipendenti «possano essere utilizzati per impiegare a fini illeciti il contante prelevato o versare (ove consentito) denaro sporco».

In passato gli stessi problemi erano stati sollevati dalla Uif. Già nella relazione del 2020, il braccio della Banca d’Italia incaricato di monitorare l’antiriciclaggio dedicava un approfondimento al fenomeno. Anche gli esperti di Via Nazionale mettevano in evidenza le difficoltà a ricostruire i flussi finanziari gestiti da operatori esteri che lavorano in Italia senza succursale. Allora la quota di Atm indipendenti era attorno al 5% del totale (dato Antitrust).

LE CRIPTOVALUTE

A complicare il quadro, negli ultimi anni, è anche aumentato il numero degli sportelli automatici che permettono di acquistare Bitcoin e altre criptovalute oppure, viceversa, di cambiarle in euro.

Si versa nel dispositivo il controvalore in contanti dell’ammontare di valuta digitale che si vuole acquistare, e questa viene poi accreditata nel proprio portafoglio. In alcuni casi è anche possibile vendere le criptovalute, prelevando dalla macchina la contropartita in contanti.

«I cripto Atm, inoltre, possono essere di proprietà anche di soggetti che non hanno la qualifica di prestatori di servizi per le cripto-attività (Casp)», scrive ancora il Tesoro. Di fatto, quindi, sono fuori da ogni contesto regolamentato.

Il rischio, anche in questo caso, è di «collusione tra l’utente e il titolare dello sportello automatico per la conversione in crypto-asset di denaro di origine criminale, o al contrario la monetizzazione tramite prelievo di proventi passati dal canale crypto».

L’auspicio ora è che l’applicazione della sesta direttiva antiriciclaggio possa contenere i rischi, anche in coordinamento con le regole Ue sui pagamenti.


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