Stop alla gigafactory a Termoli per costruire le batterie green. Un maxi-impianto da 2 miliardi che doveva iniziare ad essere costruito a giugno 2025 per poi essere inaugurato nella primavera del 2026. Acc, il consorzio guidato da Stellantis e partecipato da Mercedes e Total, ha messo in pausa il progetto almeno fino a gennaio, quando intende presentare un nuovo piano.
Il mercato dell’auto elettrica è in seria difficoltà e i costi di produzione, in attesa di avere tecnologie più performanti, per Acc sarebbero ancora troppo alti. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, così, si vede costretto a dirottare i circa 250 milioni di finanziamenti (su un totale di 600 milioni di fondi Ue) previsti dal Pnrr per la struttura. Soldi che altrimenti andrebbero persi, visti i tempi stringenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Verranno spostati verso altri obiettivi legati alla transizione green. Probabilmente sulla produzione di pannelli solari, in scia con la gigafactory di Catania in fase finale di costruzione, o magari, se si troverà un accordo con un grande produttore dopo il “no” di Intel, sulla realizzazione di chip green. Ieri Urso ha comunicato la decisione, praticamente definitiva a meno di cambiamenti dell’ultima ora, ai diretti interessati al tavolo sull’automotive al Mimit. Partecipavano anche rappresentanti di Stellantis e Acc.
LE PROSPETTIVE
Difficilmente i soldi andranno su un’altra gigafactory di batterie per le auto. Il ministro ha infatti assicurato che non appena Acc dovesse rilanciare il progetto della riqualificazione di Termoli i finanziamenti si troveranno anche tra le pieghe di Bilancio, quindi tra i fondi italiani. E al momento Stellantis ritiene che solo un vero e proprio crollo del mercato dell’auto green potrebbe far scomparire definitivamente il piano, su cui al momento si è ottimisti, anche se con un orizzonte temporale più lungo. La gigafactory partire tra il 2027 e il 2028, anche perché fino al 2029 a Termoli si continueranno comunque a produrre i motori a benzina e diesel.
Fonti vicine al dossier spiegano a Il Messaggero che al momento forse solo uno tra i produttori cinesi di auto contattati da Urso nei mesi scorsi potrebbe aprire una gigafactory in Italia, ma i tempi sono strettissimi e il mercato dell’auto elettrica non è abbastanza forte per sostenere una doppia produzione di batterie.
Nel frattempo Carlos Tavares, ceo di Stellantis, ha chiarito ieri a Torino la sua linea, a margine dell’inaugurazione del nuovo polo per i veicoli commerciali a Mirafiori. «In Europa c’è caos regolatorio» ha detto e «siccome vediamo indecisione, non solo nelle normative, adattiamo la produzione in base alle vendite di auto elettriche. Se la domanda c’è, aumentiamo la produzione, altrimenti sarebbe un bagno di sangue». E, quindi, «gli investimenti saranno riprogrammati fino a quando sarà necessario». Secondo Tavares il rinvio del progetto di Termoli non incide in alcun modo sui livelli occupazionali dello stabilimento (ad oggi circa 2mila dipendenti), che continuerà a produrre fino al 2029 in vista della transizione verso la gigafactory.
Tavares si è detto consapevole che non sempre la strada percorsa dal gruppo è stata capita dall’opinione pubblica, ma ciò che sta accadendo a Volkswagen, dove ci sono 15mila posti di lavoro a rischio, sarebbe l’esempio lampante di cosa va evitato.
«Stiamo lavorando duramente per non arrivare alla situazione di Volkswagen — ha assicurato — ma è troppo presto per dirlo. Abbiamo preso molte decisioni impopolari negli ultimi anni proprio per evitare quel futuro lì».
I TIMORI
Queste risposte, però, ancora una volta non convincono i sindacati e le opposizioni, dal Pd e il M5s ad Azione e Avs. Soprattutto sulla situazione di Termoli, sulla quale dopo l’incontro, secondo Fim, Fiom, Uilm, Fismic, Uglm, e Aqcfr, il futuro è «ancora più incerto».
Soprattutto perché, dicono i sindacati, «non sono ancora stati individuati nuovi prodotti in grado di compensare il progressivo calo dei volumi di produzione». Per questo si valutano scioperi. Timori anche su Mirafiori.
Secondo la Cgil e la Cisl i volumi della produzione in fabbrica hanno raggiunto « livelli incompatibili con la sua sopravvivenza e non c’è ricambio generazionale all’interno dello stabilimento». Per questo chiedono un piano straordinario di formazione e un aumento della produzione fino a duecentomila unità all’anno. Il prossimo incontro al Mimit è previsto entro ottobre, data entro la quale i sindacati sperano di sciogliere le incertezze per il futuro.
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