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Attacco Usa in Iran, effetto domino in Corea del Nord? Pyongyang rafforza l’arsenale nucleare e guarda a Mosca


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Mentre i bombardieri strategici statunitensi B-2 sorvolavano i cieli iraniani colpendo infrastrutture chiave legate al controverso programma nucleare di Teheran, l’eco delle esplosioni ha raggiunto ben oltre il Medio Oriente. A migliaia di chilometri di distanza, nei palazzi del potere di Pyongyang, l’operazione americana è stata letta non solo come un monito, ma come una giustificazione.

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Per la Corea del Nord, da sempre in prima linea nella sfida nucleare, l’attacco rappresenta una conferma di una convinzione maturata in anni di isolamento internazionale: che solo il possesso di armi atomiche possa garantire la sopravvivenza del regime.

Raid Usa in Iran, effetto domino in Asia

Secondo Lim Eul-chul, docente di studi nordcoreani presso l’Università Kyungnam di Seul, citato dalla Cnn, «la strategia americana nei confronti dell’Iran rafforza l’idea che i regimi senza deterrenza nucleare siano esposti al rischio concreto di interventi militari unilaterali».

In questo contesto, prosegue Lim, «Pyongyang si sentirà ulteriormente legittimata ad accelerare lo sviluppo del proprio arsenale atomico, anche con l’aiuto della Russia».

La lezione nordcoreana: sopravvive chi ha l’atomica

La narrazione che la Corea del Nord costruisce attorno agli interventi militari statunitensi ha radici profonde, riflettono gli analisti. Dall’Iraq di Saddam Hussein alla Libia di Muammar Gheddafi, fino all’Iran, Kim Jong Un osserva un copione che si ripete: i Paesi che non dispongono di un’arma nucleare finiscono per cadere sotto la pressione militare o politica di Washington.

«La Corea del Nord ha assistito a questi eventi come avvertimenti storici», sottolinea Victor Cha, presidente del Korea Chair al Center for Strategic and International Studies di Washington. «L’attacco all’Iran rafforzerà l’idea che l’arsenale nucleare non solo è indispensabile, ma va mantenuto e potenziato».

In effetti, Pyongyang dispone già di capacità atomiche significative: si stima che il Paese possegga tra le 40 e le 50 testate nucleari, oltre a missili balistici intercontinentali in grado di raggiungere il territorio degli Stati Uniti. A differenza dell’Iran, che non ha ancora costruito un’arma nucleare e il cui arricchimento di uranio resta sotto il livello necessario per scopi militari, la Corea del Nord ha effettuato sei test nucleari ed è considerata una potenza atomica di fatto.

L’asse Mosca-Pyongyang si rafforza

Un altro elemento cruciale che differenzia la Corea del Nord dall’Iran è la sua alleanza strategica con la Russia. Dall’inizio della guerra in Ucraina, i rapporti tra i due Paesi si sono intensificati a livello militare, economico e tecnologico. La partnership formalizzata nel 2024 ha aperto la strada a una cooperazione su vasta scala, che include lo sviluppo congiunto di armamenti, esercitazioni militari combinate e trasferimenti di know-how bellico.

Secondo un rapporto del Multilateral Sanctions Monitoring Team delle Nazioni Unite, la Corea del Nord ha inviato più di 14.000 militari e forniture belliche — tra cui razzi e munizioni — a sostegno delle operazioni russe in Ucraina. In cambio, avrebbe ricevuto armamenti sofisticati, sistemi di difesa aerea, tecnologia per la guerra elettronica e carburante raffinato.

«Questa alleanza va oltre il mero scambio: rappresenta una mutua garanzia strategica che rafforza la resilienza di entrambi i regimi sotto pressione internazionale», spiega ancora Lim. «Mosca diventa per Pyongyang un fornitore cruciale, non solo di risorse, ma anche di legittimità geopolitica».

Il rischio di escalation regionale

Le conseguenze di un eventuale confronto armato con la Corea del Nord sarebbero ben più gravi rispetto al teatro mediorientale. Oltre alla superiorità del suo arsenale nucleare, il regime nordcoreano è protetto da una fitta rete di deterrenti: l’alleanza formale con la Russia, la vicinanza a potenze come la Cina, e il patto di mutua difesa tra Washington e Seul, che impone consultazioni preventive prima di ogni azione militare statunitense nella penisola coreana.

«Un attacco contro la Corea del Nord potrebbe innescare un conflitto nucleare su scala regionale o addirittura globale», avverte Lim. «L’Iran non ha questo tipo di capacità e di protezioni diplomatiche».

Inoltre, l’equilibrio militare nel Pacifico è molto più instabile. Le città sudcoreane si trovano già oggi nel raggio d’azione di numerose armi convenzionali e nucleari nordcoreane. E con Pyongyang che sperimenta nuovi vettori di lancio e testate miniaturizzate, la minaccia si fa sempre più concreta.

Effetto boomerang per la strategia americana?

Paradossalmente, l’operazione contro le installazioni nucleari iraniane — probabilmente pensata come atto di deterrenza — rischia di produrre l’effetto opposto: spingere altri attori a dotarsi di armi atomiche per evitare la sorte di Teheran.

«La Corea del Nord vedrà in questo attacco un’ulteriore giustificazione per rafforzare i propri programmi nucleari e consolidare l’asse con la Russia», conclude Lim. «Anziché dissuadere, l’intervento americano rischia di innescare una nuova fase della corsa agli armamenti».

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