01.08.2025
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Politics

Alta tensione nel Csm, salta la votazione sul giudice anti-Nordio. E il ministro risponde in aula su Almasri


Dal Parlamento al Consiglio superiore della magistratura. Cambia il palcoscenico, non la sostanza. È ancora alta tensione fra governo e toghe. Dopo il caso Open Arms lo scontro approda nell’aula della Camera con l’informativa del ministro Carlo Nordio sulla vicenda Almasri. Nei fatti, un no-comment: ieri, fra le proteste delle opposizioni, il Guardasigilli (sotto indagine) è tornato sulla liberazione del torturatore libico ricercato dalla Corte penale internazionale ribadendo quanto già sostenuto in aula a gennaio, nel pieno della bufera politico-giudiziaria.

LA DIFESA IN AULA — «La notizia informale dell’arresto era giunta la domenica ma la relativa documentazione a supporto perveniva al ministero solo lunedì 20 gennaio alle ore 12.40 dalla procura generale di Roma» spiega il titolare di via Arenula mentre la temperatura dell’emiciclo si fa incandescente. «Non provate un briciolo di vergogna?» tuona dai banchi Pd Debora Serracchiani. «Non c’è nulla di nuovo e nessuna menzogna al parlamento» la replica caustica del ministro, mentre la capo-gabinetto Giusi Bartolozzi, finita anche lei nel mirino delle opposizioni per la gestione dell’Almasri-gate, attende impaziente in Transatlantico. Intanto, cinque chilometri più in là, lo scontro giudici-governo trasloca nelle stanze di Palazzo Marescialli.

È stata una giornata di passione al Csm. All’ordine del giorno del plenum la pratica a tutela del sostituto procuratore generale in Cassazione Raffaele Piccirillo, finito nell’occhio del ciclone per aver criticato duramente Nordio sul caso Almasri a mezzo stampa. Il voto sulla pratica però è andato a vuoto. Boicottato da un gruppo di consiglieri laici appartenenti all’area filogovernativa: Enrico Aimi, Daniela Bianchini, Isabella Bertolini, Claudia Eccher, Felice Giuffrè.

Al momento del voto sulla pratica a favore di Piccirillo — pm su cui Nordio nei giorni scorsi non ha escluso un provvedimento disciplinare, «ma sarebbe di cattivo gusto se partisse da me» — i cinque laici si sono alzati e hanno abbandonato la stanza. Addio numero legale: tutto bloccato. Oggi il plenum si riunirà di nuovo e ci sono tutti i presupposti perché lo stallo si ripeta. Peraltro con il rischio, se dovesse prolungarsi oltre la pausa estiva, di mettere nel congelatore importanti provvedimenti che richiedono un voto urgente. Su tutti il via libera all’immissione in ruolo di 400 magistrati tirocinanti avviati alle Corti di appello, innesto fondamentale per centrare gli obiettivi del Pnrr sulla giustizia. Sulle tensioni a Palazzo dei Marescialli, evidentemente, si staglia lo sguardo preoccupato del Quirinale.

Lo scontro in aula sul caso Almasri, gli strascichi del caso Open Arms e il blitz dei consiglieri filogovernativi in Csm sono tutte puntate della stessa serie. All’indomani del via libera alla separazione delle carriere di pm e giudici il duello con la magistratura prosegue. Affonda il colpo il partito della premier con un dossier riservato preparato dall’ufficio studi e incentrato sul processo a Matteo Salvini che ora la procura di Palermo vorrebbe riaprire.

Tra le righe del documento un nuovo j’accuse. «È irrituale impugnare una sentenza di assoluzione piena perché ciò pone il problema tecnico di formulare una sentenza di condanna aldilà di ogni ragionevole dubbio» si legge nel dispaccio di Fratelli d’Italia inviato a deputati e senatori. Che parla di «accanimento surreale con annesso dispendio di energie e risorse» della procura palermitana e di «processo politico». Toni che preludono a una campagna referendaria sulla riforma costituzionale della giustizia, anticamera al voto politico del 2027.

LE PROSSIME MOSSE — Nel breve periodo a una riforma che di fatto vieti le impugnazioni di sentenze di assoluzione, su cui il ministero di Nordio si è già messo al lavoro. Toghe versus politica. Corsi e ricorsi che tornano nei giorni della bufera mediatico-giudiziaria sull’inchiesta di Milano come anche per il caso “Affidopoli” che coinvolge Matteo Ricci, candidato del centrosinistra a governatore delle Marche. Ai piani alti di via della Scrofa, quartier generale di FdI, c’è chi inizia a unire i puntini. Non sarà che la pioggia di inchieste delle procure su esponenti di spicco dell’ala riformista della sinistra italiana, da Sala a Ricci, finiranno per servire un assist ad Elly Schlein? Solo suggestioni, per ora.


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