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allora Conte e gli altri?


Elly ti presento Giorgia. Se davvero andasse in scena, all’ombra di Castel Sant’Angelo, sarebbe una prima assoluta. Schlein e Meloni insieme sul palco, in un inedito confronto all’americana. Vis a vis, botta e risposta immediato. E non – come invece le due leader hanno ormai da tempo abituato le rispettive tifoserie – un incrociare di spade con tempi contingentati e affondi limati in anticipo tra le mura di Montecitorio. L’occasione potrebbe presentarsi presto ad Atreju, la kermesse di Fratelli d’Italia in programma dal 6 al 14 dicembre a due passi dal Cupolone. Dove – se Meloni dirà sì –, tra la pista di pattinaggio e gli stand di gadget natalizi potrebbe trovare spazio il primo dibattito pubblico fuori dal Palazzo tra le due arci-rivali della politica italiana.

L’INVITO

La macchina dell’organizzazione meloniana, infatti, ha recapitato l’invito alla segretaria del Pd. E Schlein, incalzata nelle scorse settimane pure da molti nel suo partito che le consigliavano di non disertare il palco, stavolta non si è fatta cogliere impreparata. Sarei felice di venire ad Atreju, ha risposto. Ponendo però una condizione: che sul palco ci sia anche Giorgia Meloni, per un confronto a due.

Ci avevano già provato nel 2023, i Fratelli: ma all’epoca Schlein, approdata da pochi mesi alla tolda di comando del Nazareno, rispose alla richiesta con un secco “no, grazie”, perché «il confronto si fa in Parlamento, non alle feste di partito». E così un anno fa gli organizzatori della kermesse la bypassarono, preferendo concedere il posto d’onore tra gli ospiti di opposizione a Giuseppe Conte. Quest’anno, invece, riecco l’invito, merito forse anche dei contatti tra le due leader che hanno permesso di approvare insieme la legge sul reato di femminicidio e (almeno in prima lettura alla Camera) quella sul consenso «libero e attuale». Invito al quale Schlein ha risposto con un sì condizionato.

Una mossa con cui la segretaria Pd invia diversi messaggi. Il primo: nessun timore di duellare ad armi pari con la premier, anche in vista di una possibile sfida a due per Palazzo Chigi nel 2027. Anzi: che la corsa cominci. Secondo segnale: in caso di ok da parte di Meloni, Schlein sarebbe l’unica esponente di opposizione a “duettare” con la leader di FdI, il cui intervento chiuderà la manifestazione. Si tratterebbe insomma di un riconoscimento chiaro da parte della premier: ecco la mia rivale. Schlein, non Conte (che pure non si rassegna all’idea di cedere lo scettro di leader dell’opposizione all’alleata dem).

Ma è proprio questo punto che non sembra andare giù ai vertici di via della Scrofa. Perché se la premier non ha ancora risposto pubblicamente, i suoi si mostrano dubbiosi. «Porterò questa proposta a Giorgia Meloni e deciderà lei», fa sapere Giovanni Donzelli, capo dell’Organizzazione dei Fratelli. «L’unica cosa che ci interessa – spiega – è non mancare di rispetto agli altri leader dei partiti di opposizione che hanno dato disponibilità senza porre alcuna condizione». Sì, perché sia Giuseppe Conte che Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno già accettato l’invito alla kermesse, arrivato pure a Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli («mi devono dire la data, per cui ancora non so», prende tempo il deputato dei Verdi). E qualcuno potrebbe risentirsi della «scortesia» di concedere il confronto con Meloni soltanto a Schlein, mentre tutti gli altri sarebbero intervistati da giornalisti. A taccuini chiusi, poi, a via della Scrofa qualcuno maligna pure un’altra lettura della richiesta di Schlein. Quella secondo cui la mossa della dem sarebbe soltanto tattica: una scusa per rifiutare senza dire apertamente di no, insomma. Replicano i supporter della segretaria: Elly ha già dimostrato di saper parlare anche in platee non facili per lei (in estate, ad esempio, fu intervistata alla festa del Fatto, e sorridendo si prese pure una buona dose di contestazioni quando l’argomento virò sull’Ucraina). Semmai sono i meloniani che «dopo la sconfitta alle regionali sembrano aver paura del confronto».

IL TENTATIVO PRECEDENTE

Di certo gli argomenti di cui discutere non mancherebbero, in un eventuale faccia a faccia tra le due come quello che si ipotizzava alla vigilia delle Europee e che poi saltò per le regole della par condicio. A cominciare dalla discussione in corso sulla legge elettorale, ultimo terreno di scontro tra dem e FdI. Sul quale ieri sono intervenuti prima il presidente del Senato Ignazio La Russa (che auspica una riforma «bipartisan» per evitare «lo stallo»), poi il sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Per il quale il sistema dev’essere «già adatto al premierato», e quindi simile al modello «che vige per sindaci o Regioni». E proprio sull’elezione diretta del premier intanto si riaccende la miccia in aula. Con la maggioranza che, dopo mesi di stallo sul testo, torna ad accelerare. E chiede di calendarizzare il dibattito sulla riforma costituzionale per gennaio. Mentre il centrosinistra sale di nuovo sulle barricate: ci opporremo a una riforma che scardina la democrazia parlamentare, attacca la dem Chiara Braga. Se tra Meloni e Schlein dibattito sarà, si annuncia infuocato.


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