21.05.2025
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Politics

«Abbiamo aumentato i compensi, ora speriamo che i sanitari accettino»


«In autunno vedremo i primi risultati di questo piano per la riduzione delle liste di attesa». Orazio Schillaci, ministro della Salute, sa che da questa riforma dipende la possibilità di dare una svolta al servizio sanitario nazionale, intervenendo su uno dei grandi mali, aggravatosi negli anni della pandemia: tempi lunghissimi per ottenere un appuntamento per una visita specialistica, un esame o delle analisi. Il decreto andava convertito in legge e dopo il passaggio in Senato ieri è arrivata l’approvazione definitiva della Camera. Resta un nodo: le risorse. Su questo Schillaci non si tira indietro: «Nella prossima finanziaria chiederò che vengano previsti più fondi per la sanità».

Ministro, perché è importante la riforma sulle liste di attesa approvata in Parlamento?

«Finalmente c’è un provvedimento che in maniera chiara razionalizza i meccanismi per ridurre le liste di attesa. In Italia non c’è mai stata una piattaforma nazionale, non si sono mai avuti tempi certi per eseguire una visita o un esame. Non c’è mai stata finora una così capillare determinazione e regolamentazione di tutto quello che si può fare per abbattere le liste di attesa».

Ci siamo sempre detti: la cosa inaccettabile che succede in Italia è che nessuno sa quali siano i reali tempi per ottenere un appuntamento per una visita specialistica o un esame. Questo caos terminerà?

«Questo finirà sicuramente perché con la piattaforma nazionale realizzata da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) sapremo luogo per luogo, zona per zona, prestazione per prestazione, qual è la situazione. E quindi potremo intervenire. Fino adesso quando si dice “ci vogliono due anni per una mammografia”, cosa che ovviamente è molto grave, ci si basa però solamente su rilevazioni aneddotiche».

Quando diventerà operativa questa piattaforma?

«Agenas ci sta lavorando, a breve sarà attiva, vedrete».

Si era detto: terremo aperti più a lungo studi medici e laboratori rendendoli operativi anche nelle ore serali e nei fine settimane. Succederà davvero?

«Sì. E speriamo che avendo aumentato i compensi per tutte le ore di straordinario degli operatori sanitari che accetteranno di lavorare di più, l’adesione sia massiccia in modo, appunto, da potere incrementare le prestazioni e abbattere le liste di attesa».

Va detto però che c’è un problema di personale. Puntare solo sugli straordinari rischia di rivelarsi insufficiente. Mancano medici e mancano infermieri.

«Vero, c’è un problema di personale. Noi però dal 2025 avremo un nuovo calcolo del fabbisogno e speriamo di potere superare il tetto di spesa e di potere assumere più medici, più infermieri, più operatori sanitari».

Il tentativo che stava facendo per trovare infermieri in paesi stranieri come l’India che risultati sta dando?

«Ci stiamo lavorando con la federazione nazionale dell’ordine professionale degli infermieri. La carenza degli infermieri è un problema mondiale e riguarda non solo l’Italia, ma tutti i Paesi occidentali. Noi vogliamo avere subito infermieri che vengono da fuori perché in Italia non li abbiamo, insieme all’Ordine però vogliamo rivalutare questa professione dando maggiori gratificazioni economiche ma anche prospettive di carriera e professionali».

Si guarda sempre all’India?

«Si guarda all’India, ma anche al Sud America. Il vantaggio dell’India è che c’è un bacino molto grande dove ci sono molti infermieri. Proprio in questi giorni abbiamo ripreso i contatti con l’ambasciata».

La critica più pesante che si fa a questa legge è che non ci sono risorse. Rischia di essere una scatola vuota.

«Questo è quello che dicono dall’opposizione. Ma in realtà le risorse ci sono. Penso ad esempio a quelle per la flat tax al 15% e quindi per pagare di più gli straordinari a medici, infermieri e operatori sanitari di cui abbiamo parlato. Sono 101 milioni di euro nel 2024, 160,3 per il 2025 e 165,9 dal 2026 a regime. Sono oltre 400 milioni. Inoltre, è chiaro che questo provvedimento non può essere lasciato da solo e stiamo lavorando per avere risorse in più per il fondo sanitario nella prossima finanziaria».

Quanto spera di ottenere?

«Questo ancora non sono in grado di dirlo. Devo incontrare nei prossimi giorni il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Ma io vorrei che fossero chiari due concetti. Il primo è che non è una riforma a costo zero. Il secondo forse ancora più importante: il modello nuovo di sanità punta certo ad avere più soldi, ma anche a spendere meglio quelli che ci sono. Non basta avere più risorse, che comunque servono, se poi vengono usate male come a volte è stato fatto».

C’è stata tensione con le Regioni: hanno detto che il decreto non rispettava le loro competenze per la parte che riguarda i controlli.

«Con le Regioni ci siamo chiariti, non ci sono problemi. Questo è un decreto fatto per i cittadini, soprattutto per le persone più deboli che hanno più difficoltà ad accedere al servizio sanitario nazionale. Lo voglio dire chiaramente: questo provvedimento per essere veramente efficace, ha bisogno della collaborazione di tutti, del governo, delle regioni, degli operatori sanitari, dei direttori generali. E anche dei cittadini, chiamati a una maggiore responsabilizzazione perché non di rado i pazienti prenotano una prestazione sanitaria e poi, se non ne hanno più bisogno, si dimenticano di disdirla».

Ci saranno sanzioni per i direttori generali?

«Lo definiremo con le Regioni. Ma a noi interessa che il sistema funzioni».

Lei ha puntato molto anche sull’appropriatezza: è necessario evitare che i medici prescrivano esami e analisi inutili.

«Stiamo lavorando con l’Istituto superiore di sanità per avere delle linee guida che invieremo ai medici. Insieme, allo scudo penale eviteranno che i medici prescrivano troppe prestazioni solo perché temono poi una denuncia. Sullo scudo penale ha lavorato la commissione insediata dal ministro Nordio: ha terminato il suo lavoro, presto esamineremo i risultati per trovare una sintesi».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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