L’APPUNTAMENTO
ROMA Un fondo equity per l’Ucraina di 220 milioni di euro, che limiti i danni dell’uscita di scena di BlackRock, e una spinta per l’adozione di nuove sanzioni con l’obiettivo di mettere Vladimir Putin con le spalle al muro. Muove da queste direttrici la Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina, la due giorni che si apre oggi a Roma alla Nuvola dell’Eur, alla presenza di Volodymyr Zelensky e di quindici capi di Stato e di governo, duemila aziende e quattromila presenze all’attivo. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, mentre a Strasburgo va in scena il voto di fiducia sul suo operato, annuncerà il “bazooka” che l’Europa si appresta a mettere in campo grazie al gioco di squadra di Palazzo Berlaymont, Francia, Germania, Italia e Polonia con le rispettive banche di sviluppo (per Roma Cdp). Un fondo equity di 220 milioni di euro per la ricostruzione, con un effetto leva stimato in altri 500 milioni grazie al traino sul capitale privato. Una toppa al buco lasciato in eredità da BlackRock, il colosso americano che ha sospeso le trattative per il lancio del fondo di ripartenza dell’Ucraina.
Ricostruire e non solo. Per consentire a Kiev di ripartire occorre usare «la forza: l’unica lingua che Putin conosca», per dirla con le parole di von der Leyen. Dopo l’impasse del G7 di Kananaskys, le nuove sanzioni con cui piegare Putin e costringerlo ai negoziati potrebbero tornare centrali. È il quarto appuntamento del forum per la ricostruzione dopo quelli già andati in scena a Lugano, Londra e Berlino, ma della fine della guerra, anche stavolta, non si vede nemmeno l’ombra. Eppure c’è un elemento che fa ben sperare, ovvero il cambio di registro di Donald Trump, che sembra aver abbandonato la strategia della carota per impugnare il bastone. E così, se in Canada il tycoon aveva invitato l’Europa a intestarsi in solitaria la sfida di nuove sanzioni — «andate avanti voi se siete così convinti» — stavolta gli States sarebbero della partita, pronti a colpire energia, finanza, metallurgia e tecnologia. Ma anche relazioni commerciali indirette, mettendo nel mirino quei Paesi — leggi India e Cina — accusati di mantenere rapporti economici troppo solidi con Mosca. Si tratta del cosiddetto “pacchetto Graham”, dal nome del senatore repubblicano — anche lui oggi a Roma e con un incontro con Von der Leyen già in agenda — impegnato in prima linea nelle ritorsioni da adottare. Un dossier centrale — assieme a quello dei dazi e del cessate fuoco a Gaza- nell’ultima telefonata di lunedì scorso tra Meloni e Trump, mai resa nota da Palazzo Chigi. La presidente del Consiglio starebbe spingendo per convincere gli States ad adottare la stretta. Un bel segnale per Kiev dopo settimane durissime. E una vetrina perfetta — se il disco verde arrivasse nelle prossime 24 ore — per un evento a cui il governo lavora pancia a terra da mesi. «L’ok degli States — spiegano fonti diplomatiche — trainerebbe anche il nuovo pacchetto di sanzioni europeo». Bruxelles lavora a uno stop ai gasdotti Nord Stream 1 e 2, più incisivi giri di vite sulle banche russe e sulle petroliere della «flotta ombra», ma soprattutto su un price cap al prezzo del petrolio russo, con un crollo da 60 a 45 dollari al barile. Per sforbiciare il prezzo di 25 dollari a fusto sarebbe preferibile un’intesa a livello di G7. Ed ecco che la strada porta nuovamente alla Casa Bianca, da dove continuano ad arrivare segnali positivi. Uno su tutti: oggi, per la prima volta, gli States prenderanno parte alla riunione della Coalizione dei volenterosi a margine dei lavori della Conferenza. Da Roma sarà Keith Kellogg, l’inviato speciale per l’Ucraina scelto da Trump, a collegarsi con Londra.
Ileana Sciarra
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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