20.05.2025
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Politics

a rischio sette decreti per la pausa estiva


Agli scranni! È tempo di votare. Il giro di boa della pausa estiva dei lavori del Parlamento si avvicina rapidamente e, come sempre, il formicaio composto da aule e commissioni comincia ad impazzire in una marcia a tappe forzate, fatta di fiducie e tempi contingentati. E pazienza se sull’altare della ragion di governo le opposizioni rumoreggiano e, talvolta, la maggioranza si infiamma.

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I TEMPI

Da qui al 9 di agosto — giorno in cui presumibilmente scatterà il liberi tutti per i parlamentari – ci sono ben sette decreti da portare a casa, pena la scadenza e il ritorno alla casella di partenza. La lista è lunga e variegata tra il decreto Liste d’attesa e il Salva-casa salviniano, il dl Infrastrutture e quello sulle Materie critiche voluto dal ministro Adolfo Urso, fino allo Svuota carceri di Carlo Nordio, al testo sulla Protezione civile e sull’emergenza dei campi flegrei e allo Scuola-Sport da cui passa anche il corretto avvio del prossimo anno scolastico a settembre.

La media con cui l’attuale esecutivo ha fatto ricorso alla decretazione è del resto piuttosto alta (circa 3,4 al mese), con un’incidenza sicuramente maggiore di tutti i governi che l’anno preceduto a partire dal 2008. E con il rischio che a slittare siano tutti gli altri interventi: per quanto quello di Giorgia Meloni è il governo con un tasso di approvazione delle leggi più alto dei suoi predecessori (circa uno ogni 6 giorni), sono ben 682 i provvedimenti approvati da governo e maggioranza ma solo 353 quelli smaltiti.

I DECRETI

Urgenti o meno i decreti – distribuiti in maniera piuttosto equa tra Montecitorio e Palazzo Madama – paiono insomma ingolfare una macchina che non può permettersi di fermarsi. Se per tempo sono arrivati gli appelli di Giorgia Meloni e del ministro per i rapporti con il Parlamento Luca Ciriani contro il «sovraccarico dei decreti di emendamenti e parti esterne», non sono mancate le polemiche per la pressione sotto cui le Camere sono tenute a lavorare.

In primis da parte della minoranza convinta che «il governo mortifichi il ruolo del Parlamento», come ha sottolineato il capogruppo del Movimento 5 Stelle Francesco Silvestri nei giorni scorsi, ma pure da alcuni esponenti del centrodestra. È il caso del presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri che, proprio mentre le frizioni con la Lega paiono sfiorare il livello di guardia, è tornato ad agitare come una clava politica la cinquantina di emendamenti preparati dagli azzurri al disegno di legge per il nuovo codice della Strada voluto dal ministro e vicepremier Matteo Salvini. «Ormai ci siamo rassegnati ad un monocameralismo di fatto per i decreti perché c’è il discorso dell’urgenza — ha scandito ieri Gasparri — Ma almeno sui disegni di legge gli emendamenti chiediamo che vengano discussi ed esaminati». D’altro canto se è ferma al palo la riforma costituzionale che vorrebbe estendere i tempi di approvazione dei decreti da 60 a 90, lo è pure il completamento della modifica del regolamento dei lavori della Camera dei Deputati all’indomani del taglio del numero dei parlamentari.

LA MODIFICA

A Montecitorio si discute da più di un anno e mezzo un testo che, in linea con quanto già fatto al Senato, punta a ridurre i tempi dei lavori dell’aula, limitando l’ostruzionismo.Riforma che pur portando la doppia firma di un parlamentare dem e di uno leghista, si è impantanata dopo che Fratelli d’Italia (e anche il Carroccio) ha sostenuto di volerne ampliare la portata allineando la Camera a palazzo Madama attraverso l’eliminazione della doppia votazione su un testo di legge in caso di apposizione della fiducia. Un tecnicismo? Non proprio. Fatto sta che ha scatenato l’ira di M5S e Avs, causando uno stop perentorio al progetto ben prima delle meritate vacanze in arrivo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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