24.06.2025
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Politics

+150% di armi in 6 anni. E continuerà a crescere anche dopo una tregua in Ucraina


La tregua in Ucraina forse non è più un miraggio. Entro l’estate, è la stima del governo italiano, i cannoni nelle trincee potrebbero fermarsi. Ma la “minaccia russa” non finirà con il cessate-il-fuoco. Come la corsa alle armi del Cremlino che semmai è destinata ad aumentare. Vertiginosamente. «In un arco dai quattro ai sei anni, stando alle nostre analisi, la Russia potrebbe raggiungere il 150% per cento del suo attuale potenziale militare». È il quadro tracciato dalla Nato — riferito al Messaggero da fonti qualificate — a due giorni dal vertice dell’Alleanza all’Aia, in Olanda.

L’IMPENNATA

La crescita no-stop dell’industria bellica russa preoccupa i trentadue Stati alleati che si preparano al conclave olandese alla presenza del presidente americano Donald Trump. L’attesa è febbrile e domina il dibattito politico anche in Italia. Dove ieri ha fatto irruzione una frase del ministro della Difesa Guido Crosetto che ha spiazzato, specie per il tempismo. «Da due anni spiego che così la Nato non ha più ragione di esistere, perché una volta il centro del mondo era l’Oceano Atlantico, ora è il mondo» ha detto il co-fondatore di Fratelli d’Italia intervenendo a un convegno a Padova.

«Una volta Usa ed Europa erano il centro, ora c’è tutto il resto con cui va costruito un rapporto» il ragionamento, «se la Nato nasce per garantire la pace e la mutua difesa o diventa un’organizzazione che si prende questo compito parlando con il Sud del mondo, diventa quindi qualcosa di profondamente diverso, oppure non raggiungeremo l’obiettivo di avere sicurezza all’interno di regole che valgano per tutti».

Tradotto: la Nato deve cambiare, adattarsi. Di certo deve restare al suo posto, ha chiarito poi Crosetto, «me la tengo ben stretta, o non sarei in grado di assolvere il mio compito». Mentre l’Italia si appresta a sciorinare sul tavolo del Consiglio atlantico i nuovi impegni finanziari per centrare i target dell’Alleanza, dal quartier generale parte l’allarme per il riarmo di Putin. Inutile farsi illusioni: l’economia russa, una volta cessate le ostilità, resterà un’economia di guerra, anzi crescerà» spiega chi ha preparato nei dettagli il vertice degli alleati europei. Che rischia di aprirsi sotto neri presagi.

La Nato non si fida di Putin e delle sue aperture a una risoluzione del conflitto. Ha in mano stime che convincono i Paesi membri a tenere alta la guardia: entro il 2030 il potenziale militare russo sarà aumentato e di molto. Più del doppio. Complice una macchina bellica che sfreccia troppo veloce per frenare di colpo con un armistizio in Ucraina. Nel 2024 il budget del ministero della Difesa russo ha sfiorato la cifra di 54 miliardi di dollari. Ma il “vero” budget — comprensivo di tutte le risorse stanziate per il comparto difesa e per il tentacolare apparato dei Servizi segreti russi — ammonterebbe quasi al triplo, intorno ai 150 miliardi di dollari, stando ai calcoli dell’Alleanza.

Cifre da capogiro. Che fanno presagire una curva ascendente del riarmo russo. Altro che frenata. Sono calcoli complicati da fare, certo, complice l’opacità della rendicontazione pubblica a Mosca. Tuttavia l’allarme a Bruxelles resta altissimo. Motiva gli stanziamenti imponenti che anche quest’anno — Italia inclusa — gli alleati Nato hanno messo a disposizione di Volodymyr Zelensky. Con buona pace delle opinioni pubbliche che un po’ ovunque in Europa, specie nei Paesi fondatori, mostrano segnali di grande stanchezza per la causa ucraina. L’anno scorso la Nato aveva messo sul piatto circa 50 miliardi di dollari. Nel primo trimestre del 2025, riferiscono fonti a conoscenza del dossier, su quel piatto c’erano già nuovi 20 miliardi di euro, a dimostrazione di un trend crescente. Un nuovo impegno finanziario arriverà dal summit all’Aia. Farà il paio con i 21 miliardi di euro garantiti dagli alleati durante l’ultima riunione del “gruppo di contatto” dell’Ucraina nella base americana di Ramstein, in Germania.

LE DIVISIONI

Certo non sarà tutto rose e fiori. C’è l’incognita Trump: il commander-in-chief americano si fermerà poche ore al vertice e c’è da scommettere che avrà da ridire sull’impegno per l’Ucraina come sulle promesse di spesa degli alleati. E poi c’è un caso spagnolo che monta in questi giorni. Il premier Pedro Sanchez ha spedito al segretario generale della Nato Mark Rutte una lettera mettendo per iscritto che il suo Paese non è in grado di raggiungere l’obiettivo di un rapporto fra Pil e spese militari del 5 per cento. E non intende farlo.

Uno strappo che preoccupa alla vigilia. Ancora ieri a Bruxelles si sono succedute riunioni per cercare di mediare con Madrid. Ma il tempo stringe e si profila all’orizzonte un’ipotesi senza precedenti: un accordo di 31 alleati che lasci fuori, magari con una “deroga”, il trentaduesimo. Si vedrà. Certo la Nato darebbe così un segnale plateale di divisione interna. Mentre la Russia corre, anzi galoppa verso il riarmo.

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