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Von der Leyen, pressing sul Pse. Spunta la grana liberali


Come nel gioco dell’oca, Ursula von der Leyen s’è ritrovata catapultata indietro di qualche casella. Nulla di insormontabile, sdrammatizzano a Bruxelles, ma certo qualche dettaglio, nella messa a punto del nuovo esecutivo Ue, si sta dimostrando più ostico di altri. E nella giornata in cui avrebbe dovuto alzare il velo sulla composizione del suo collegio-bis e sui portafogli dei commissari in pectore — rinviato al 17 settembre, complice la mancata formalizzazione della nuova candidatura slovena -, la presidente della Commissione ha dovuto, invece, rimettere mano agli equilibri. Tentando di dribblare le offensive da parte dei due grandi scontenti dell’attuale ripartizione, cioè socialisti e liberali: partner chiave della euro-maggioranza ma entrambi piuttosto distanti rispetto ai popolari nel bilancino dei poteri nel prossimo esecutivo, dove possono contare su cinque commissari a testa, mentre il Ppe ne schiera ben 15.

Non che il calcolo sia suscettibile di grandi rimaneggiamenti, poiché i membri del collegio sono di diretta indicazione dei governi nazionali e oggi nella meta di essi è al potere il centrodestra; ma qualche margine di ritocco c’è. In particolare, un caso sta a cuore ai socialisti e potrebbe essere la chiave di volta per appianare le tensioni e incassare un appoggio compatto dei 136 eletti dell’S&D a tutti (o quasi) i membri del collegio von der Leyen.

IL CASO LUSSEMBURGO
Si chiama Nicolas Schmit: commissario uscente al Lavoro, è stato il candidato di bandiera della sinistra come presidente della Commissione, ma si è visto sbarrare la strada di un ritorno a palazzo Berlaymont dalla decisione del suo Paese, il Lussemburgo, di proporre un nome alternativo, l’eurodeputato popolare Christophe Hansen, in predicato di prendere l’Agricoltura. Ciò che la pattuglia S&D chiede a von der Leyen è, tutto sommato, semplice: bussare alla porta del piccolo Granducato, governato dal collega del Ppe Luc Frieden, e ottenere di ripescare Schmit per disinnescare ogni rischio di veto socialista.

Un precedente di nomina bipartisan c’è già, dopotutto: von der Leyen stessa è in quota al governo di centrosinistra tedesco di Olaf Scholz, che non ha avuto tentennamenti nel cedere la casella Ue a un’esponente dell’avversaria Cdu. Finora, nel braccio di ferro per ritoccare la Commissione, von der Leyen ha avuto successo con due Stati medio-piccoli, entrambi governati da socialisti e liberali: la Romania e, da ultimo, la Slovenia.

Sia Bucarest sia Lubiana hanno accettato di cambiare cavallo in corsa, rinunciando al nome maschile inviato a Bruxelles e mettendo in campo in entrambi i casi una donna. Insomma, ragionano a sinistra, adesso è arrivato il momento che von der Leyen chieda un sacrificio anche al Ppe. E ciò passa pure da un ripensamento delle deleghe. Le pattuglie di socialisti e liberali saranno pure numericamente sparute, ma perlomeno andranno risarcite con ruoli di peso, è il ragionamento che nelle ultime ore accomuna sinistra e centristi.

LA RICHIESTA
«Chiediamo alla presidente eletta di assegnare ai nostri commissari responsabilità corrispondenti al loro livello di impegno e competenza», hanno insistito ieri da Renew Europe. Erano stati loro, nei giorni scorsi, i primi a richiamare von der Leyen all’ordine, dopo che era trapelata l’assegnazione a Raffaele Fitto di una vicepresidenza esecutiva titolare dell’Economia e del Pnrr. Ribadendo un concetto caro ai progressisti: le cariche di primo piano vanno affidate agli esponenti della maggioranza Ue. Sulla stessa scia i socialisti, che hanno rivendicato l’assegnazione a uno dei loro del portafoglio del Lavoro e dei diritti sociali, che nel nuovo mandato avrà anche una responsabilità diretta per la Casa e le politiche abitative, priorità del loro programma.

E mentre i popolari sloveni annunciano battaglia contro la loro connazionale Marta Kos, von der Leyen spera ancora di convincere Malta a rinunciare al funzionario Glenn Micaleff per far posto alla dodicesima donna. Le sponde per trattare fino a martedì, ed evitare trappole durante le conferme parlamentari, ci sono ancora. Sta a von der Leyen coglierle.

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