Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Technology «Vivo in un paese in Piemonte, mi piace la natura. A 14 anni un regista mi picchiò sul set. Oggi ho imparato a perdonare»
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«Vivo in un paese in Piemonte, mi piace la natura. A 14 anni un regista mi picchiò sul set. Oggi ho imparato a perdonare»


Una bellezza fuori dal comune, tre figli, cinque nipoti, una carriera internazionale iniziata a 14 anni, due mariti, altri amori (tra cui Adriano Celentano), gli incontri, i dolori, le delusioni, le gioie, il presente, il futuro. Rimpianti? Pochi. Rancori: non pervenuti. E soprattutto la voglia di raccontarsi «come nessuno finora aveva fatto»: a 70 anni, Ornella Muti nata Francesca Rivelli si mette a nudo nell’autobiografia Questa non è Ornella Muti (La Nave di Teseo, Collana Oceani, 192 pagine, 19 euro) che vanta la prefazione di Sean Baker, il regista di Anora, Palma d’oro e 5 Oscar. L’attrice presenterà il libro, dialogando con Enrico Dal Buono, domani a Roma alle 18 presso la libreria Feltrinelli in via Appia Nuova 427.

Come mai ha deciso di scrivere l’autobiografia?
«Me lo chiedevano da vent’anni, a cominciare dai francesi, ma avevo sempre rifiutato. Ora ho detto sì per raccontarmi in maniera diversa. E questo spiega il titolo».

Se non si è riconosciuta nei ritratti degli altri, chi è Ornella Muti?
«Una persona che, nell’epoca dei social in cui tutti vogliono apparire diversi da quello che sono, non ha paura di rivelare fragilità, insicurezze, paure. Spero che il mio libro aiuti gli altri a non sentirsi «sbagliati»».

Baker la definisce «una guerriera»: qual è la battaglia più grande che ha dovuto affrontare?
«Quella contro me stessa, per imparare ad evolvermi ogni giorno di più. La vita è cambiamento».

Qual è l’errore più grande commesso nel descriverla?
«Su di me è stato detto e scritto di tutto. Ma a colpirmi di più fu Enzo Biagi: disse che non avevo un’anima. Mi fece molto male, soprattutto considerando che era un grande giornalista, un uomo di cultura. Poi lui mi chiese scusa».

E lei l’ha perdonato?
«Certo, il perdono fa parte della crescita. E io non voglio morire con una smorfia di rancore sul viso».

Ha perdonato anche il regista Damiano Damiani che sul set del suo primo film, «La moglie più bella», la picchiava?
«Penso di sì. Quell’esperienza fu durissima, una cattiveria gratutita. Avevo solo 14 anni e andavo a lavorare terrorizzata. Ma se Damiani doveva prendersela con una bambina indifesa, il disagio era suo».

Nel libro rivela che con lei «ci hanno provato tutti»: è giusto denunciare le molestie a scoppio ritardato, come hanno fatto molte attrici?
«Non si può giudicare chi ha trovato il coraggio di parlare con anni di ritardo. Un tempo una donna non era creduta, veniva addirittura colpevolizzata».

Prova risentimento per gli uomini che l’hanno fatta soffrire?
«No, se le mie storie sono finite è colpa mia: ho caricato i miei compagni di troppe aspettative. Quando m’innamoro mi faccio dei «film» che non corrispondono alla realtà. Dei fallimenti sentimentali posso accusare solo me stessa».

È innamorata oggi?
«No, anche se non ho smesso di credere nell’amore. Semplicemente, non si è ripresentato».

Ed è soddisfatta del lavoro?
«Sì, negli ultimi tempi ho girato quattro film. Non faccio più la protagonista ma va bene così. Alla mia età non avrei nessuna voglia di fare la maliarda anziana con il toyboy».

Perché non ha interpretato Veronica Lario nel film «Loro» di Paolo Sorrentino?
«Ho sostenuto due provini, poi lui non mi ha scritturata. Un po’ mi è dispiaciuto, anche perché ho saputo dagli altri che aveva deciso di prendere Elena Sofia Ricci. Ma un regista ha il diritto di scegliere chi ritiene più adatto».

La prematura scomparsa della sua amica Eleonora Giorgi ha cambiato la sua idea della morte?
«Non direi. Continuo a temere la morte dei miei cari, non la mia. E penso spesso ad Eleonora che se n’è andata con il sorriso, senza cedere alla disperazione, dandoci una grande lezione di dignità e coraggio».

Nel libro racconta di piangere spesso: quand’è stata l’ultima volta che lo ha fatto?
«Poche ore fa, quando ho assistito a una gara sportiva di mia figlia Carolina».

Perché vive a Lerma, un paese di 800 anime del Piemonte?
«Non ho radici e mi trovo bene lì con i miei figli, gli animali, la natura. Non potrei più vivere chiusa in un appartamento».

C’è qualcuno a cui deve chiedere scusa?
«L’ho già fatto tempo fa, ma non ho chiesto scusa: ho detto a un paio di persone «mi dispiace»».

E si aspetta le scuse di qualcuno?
«Non m’importa. Tutti possono commettere degli errori».

A proposito di autobiografia, com’è stata finora la sua vita?
«Non voglio dire meravigliosa, ma tutto sommato sì. Ho fatto un grande cammino. Quando me ne andrò, mi auguro che gli altri dicano: «Si è evoluta»».

Ha un sogno?
«Spero che i miei cari stiano bene. E di essere sempre più serena».


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