15.05.2025
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Politics

vicepresidenza di peso per convincere Meloni. Ecco i paletti della premier


Era stata chiara, perfino perentoria al Consiglio europeo informale dieci giorni fa: «Non accettiamo accordi preconfezionati». Giorgia Meloni aveva avvisato Ursula von der Leyen e i leader Ue pronti a ricandidarla alla guida della Commissione europea: dall’Italia niente assegni in bianco. Quando le agenzie stampa tedesche battono la notizia — l’intesa raggiunta fra Popolari, Socialisti e Liberali per i top jobs europei, tenendo fuori i Conservatori — la premier trattiene a stento l’irritazione. 

Domani a Bruxelles si aprirà il Consiglio europeo per provare a dare il via libera all’assetto concordato dall’asse europeista. Von der Leyen di nuovo a capo dell’esecutivo, il socialista Antonio Costa presidente del Consiglio europeo per due anni e mezzo — metà mandato — la liberale estone Kaja Kallas Alto Rappresentante. Ma potrebbero esserci sorprese. 

IL MONITO
Scottata dall’annuncio in pompa magna dei suoi rivali in Ue, la premier è pronta a valutare ogni opzione al vertice di Bruxelles. Anche l’astensione dell’Italia sulle nomine. Un monito e un segnale su quel che verrà dopo: se il metodo resterà questo, i voti di Fratelli d’Italia per Ursula all’Europarlamento non arriveranno. E la candidatura-bis della presidente uscente, che oggi conta su un margine di soli quaranta voti, rischia di finire impallinata dai franchi tiratori nel segreto dell’urna. Uno scenario che deve far paura a Bruxelles, se in serata fonti della Commissione fanno sapere che «l’Italia avrà una vicepresidenza esecutiva». Il clima a Palazzo Chigi resta cupo, alla vigilia del grande risiko europeo. Meloni passa parte della giornata a casa, per il resto squillano i telefoni. La cerca Kyriakos Mitsotakis, premier greco e negoziatore per i Popolari al tavolo Ue. La avvisa di un accordo che è già sulle homepage di tutti i giornali continentali. Non è con lui ma con “Ursula” che ora Meloni dovrà negoziare tête-à-tête le condizioni per dare il suo pacchetto di voti. E c’è da scommettere che saranno condizioni non negoziabili, viste le premesse e il fastidio crescente della leader italiana per un accordo che taglia fuori i suoi Conservatori. Ieri la capogruppo dei liberali a Bruxelles Valérie Hayer lo ha detto senza mezzi termini: «Non c’è spazio per i conservatori». Le condizioni, si diceva, sono ora ancora più rigide, Meloni le ribadisce al premier greco. Chiederà una vicepresidenza di peso della Commissione, con un maxi-portafoglio economico: Coesione, Bilancio e Pnrr. E sembra che a Bruxelles l’ipotesi prenda corpo. Dall’altro lato c’è il nodo della nuova agenda strategica europea. Nei caminetti con i suoi consiglieri, la premier ripete come un mantra: «Devono prendere atto che gli elettori hanno parlato». Confida che non darà gratis i suoi voti a Ursula. 

L’AGENDA
Dunque, chiede anzi pretendedalla presidente in pectore un segnale forte sul fronte dell’immigrazione, con un riferimento esplicito nel programma al modello del Piano Mattei e alla necessità di investire fondi comunitari per fermare i flussi africani alla sorgente. Oggi “Lady Ue” potrebbe dare una prima risposta con una lettera ai capi di governo europei proprio sull’emergenza migratoria. Ma c’è dell’altro. Meloni non firmerà a occhi chiusi un programma che ripete con altre parole l’agenda Green della scorsa legislatura. Non sarà facile avere garanzie: von der Leyen ha un disperato bisogno di voti all’Europarlamento e cercherà di tenere dentro alla maggioranza anche i Verdi. Come, resta un rebus da sciogliere. Oggi la premier terrà un discorso dai toni duri alla Camera e nel pomeriggio al Senato, in vista del Consiglio europeo. Spiegherà che l’Italia «chiederà quello che le spetta». È uno scenario incerto e un brivido percorre il vicepremier Antonio Tajani, capo di Forza Italia e prima linea dei Popolari a cui va dicendo da settimane: «Non possiamo tenere fuori i Conservatori». 

L’impressione prevalente a Palazzo Chigi è che entro venerdì si chiuderà sull’intesa europea. Con la grande incognita dell’astensione di Meloni. E un’altra incognita che si fa strada: fonti diplomatiche raccontano che anche Macron sia rimasto scottato dall’annuncio in pompa magna e da un riassetto che dà poco in mano all’inquilino dell’Eliseo. Non è un mistero che il presidente francese lavori a un piano B e questo piano ha un nome e un cognome: Mario Draghi. C’è da aspettarsi colpi di scena dallo strano tandem Meloni-Macron. E dalle trattative notturne, tra un drink e l’altro, a cui si prepara un’altra volta l’Hotel Amigo in centro a Bruxelles.
 

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