19.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

Vannacci, il generale non è più dietro la collina. La prima “conta” è sulle comunali


Poteva fare un suo partito. Provarci è il minimo, con cinquecentomila preferenze in tasca, il bottino monstre raccolto alle Europee dello scorso giugno. E invece si è fatto lui partito. Militante, ideologo, eurodeputato, tesserato, ora vicesegretario della Lega e domani chissà. Roberto Vannacci: il generale non è più dietro la collina. Quando Matteo Salvini ieri pomeriggio ha annunciato la nomina, peraltro attesissima, il Consiglio federale riunito a Montecitorio ha sussultato un attimo. Poi l’applauso fragoroso, lo scroscio di mani dei colonnelli leghisti. Sincero? Poco importa, perché con il generale ed ex Parà della Folgore, è chiaro ormai a tutti lì dentro, bisogna farci i conti. «Roberto non si tocca» ripete come un mantra Salvini e guai a chi ci prova.

LA SCALATA

Controverso, politically-scorrect, sempre sul limite e spesso anche oltre, sfacciato. Una scalata al contrario, come il mondo che ha raccontato nel libro che è stata la sua fortuna politica (e finanziaria) e al contempo lo ha elevato a “bestia nera” dei progressisti italiani ed europei per le posizioni tranchant sui diritti civili, i migranti, la sicurezza. Vannacci ha tirato dritto. Controcorrente come quando si lancia il primo dell’anno nel mare di Viareggio con la cuffia in testa fra curiosi e sostenitori in visibilio. Esaltato dalla base salviniana, gli elettori che ancora credono nella Lega nazionale e sovranista, zero nostalgismi nordici e bossiani. Mal sopportato dall’altra metà, il fronte nordico, la vecchia e un po’ anche la giovane guardia di via Bellerio che osserva con sospetto e malcelata preoccupazione l’incursione dell’ex Parà nella tolda di comando leghista. Fosse finita qui. Vannacci pensa in grande. Fermarsi a Bruxelles, nei grigi corridoi dell’Europarlamento (altro che Transatlantico) -non è un’opzione. Incassata la nomina a distanza, si è ricongiunto con il “Capitano” Salvini a Fonte Nuova e Fiano Romano per dare il via alla campagna per le amministrative. Primo test per pesarsi e prendere le misure, un’altra volta.

IL TEST SUL TERRITORIO

«Non mi interessa la politica dei salotti, degli inciuci e delle poltrone, io sto in mezzo alla gente» sorrideva sornione ieri il generale parlando all’Adnkronos. Con tanto di annuncio: nascono i “Vannacci Team”, «gruppi di cittadini volenterosi ed entusiasti che credono in un’Italia diversa, migliore». Di fatto, comitati elettorali che vivranno di vita propria, nel nome del Parà. «Si stanno creando in tutta Italia perché la forza sta lì, nel territorio — avvisa il generale con un messaggio anche ad uso interno — Ogni team sarà un punto di riferimento locale, una sentinella, un motore di iniziativa». Ci aveva provato un anno fa, a creare le “sue” truppe. Battezzando da Nord a Sud lungo lo Stivale i comitati del “Mondo al Contrario”, l’associazione nata su ispirazione del best-seller e diventata nei mesi una “para-Lega” fra comizi, presentazioni, presentazioni-comizio. Non è filato tutto liscio. Mano a mano, forse delusi dalla “normalizzazione leghista” del militare e recordman di preferenze, i “vannacciani” della prima ora hanno cominciato a dividersi e a sfaldare il movimento. Fino all’addio a febbraio con il colonnello Filomeni, il presidente del “Mondo al contrario” che al leader rimprovera di non aver trasformato quel comitato in un «movimento politico puro».

No, Vannacci ha deciso altrimenti. Ed eccolo qui oggi, con la spilla di Alberto da Giussano al petto, vicesegretario della Lega, uomo di fiducia di Salvini che lo ammira e (dicono i malevoli) al tempo stesso teme la sua ambizione. Gli ha fatto spazio un po’ alla volta. La candidatura da capolista alle Europee — fruttata una fortuna elettorale che ha bilanciato il bottino non proprio ricchissimo del partito — poi la modifica statutaria per aggiungere un vicesegretario in più. Una manovra che non ha entusiasmato tutta la classe dirigente, per usare un eufemismo.

Ma la Lega è un partito militare da ben prima di Vannacci e il capo si segue e si ascolta, non si discute (in pubblico). Sarà per questo che anche ieri nessuno tra i big ha avuto da ridire sulla nomina. Caustico, nel suo stile, il veterano Giancarlo Giorgetti: «Se lavorerà bene saremo soddisfatti» rispondeva ieri ai cronisti che lo inseguivano.

Ora il generale che ha abbandonato la carriera militare è tornato (quasi) al comando. Dovrà condividere la segreteria con la pasionaria Silvia Sardone, in Ue con lui, al mite ma lanciatissimo Alberto Stefani, in pole per una candidatura da governatore in Veneto, al braccio destro di Salvini e colonnello nel Lazio Claudio Durigon. E chissà se anche questi ranghi gli staranno stretti, prima o poi

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]