Le Ferrovie dello Stato potrebbero presto essere privatizzate e quotate in Borsa. Il dossier è da tempo sul tavolo del governo, che ha anche urgente necessità di fare cassa e sta studiando la possibilità di cedere anche altre quote di aziende pubbliche già in parte privatizzate. Ieri da Cernobbio, sul lago di Como, dove è in corso il seminario organizzato ogni anno da The European House — Ambrosetti, l’amministratore delegato delle Fs, Stefano Donnarumma, ha affermato: «Apro a un’ipotesi di valutazione di una possibile apertura del capitale laddove possa essere vantaggiosa da un punto di vista finanziario per lo sviluppo degli investimenti dell’azienda». Poi ha aggiunto: «La quotazione è quasi sempre una conseguenza di un eventuale percorso del genere, ma per adesso non direi quotazione, ma valutazione sull’apertura del capitale». «I tempi per definire una strategia sono di pochi mesi — ha proseguito Donnarumma, alla guida dallo scorso giugno — e conterei da qui a fine anno di avere le idee chiare su diverse cose che riguardano il gruppo».
LA SCELTA
Il governo nel 2025 punta a realizzare almeno 5-6 miliardi con le privatizzazioni per abbattere il debito pubblico mantenendo in ogni caso il controllo delle aziende in mano allo Stato. Più vicina della vendita di una quota delle Fs potrebbe essere dunque la cessione di un’altra fetta di Mps, l’istituto bancario di Siena ancora a controllo pubblico, o di Enav, la società che si occupa della gestione del traffico aereo italiano. Ma in rampa di lancio ci sono anche la cessione di un’altra quota di Poste o dell’Eni.
Tornando invece all’azienda guidata da Donnarumma, ancora da studiare è se cedere sul mercato una quota dell’intero gruppo o se invece puntare solo sui più redditizi treni dell’alta velocità. Donnarumma ha infatti anche affermato che prima di arrivare all’apertura del capitale è necessario «scegliere quale parte» del gruppo portare sul mercato e «in che percentuale». Poi ci vorranno un paio d’anni per mettere a punto l’operazione.
Il manager ha comunque successivamente precisato che la decisione finale toccherà all’azionista e quindi al governo. «Non so come andrà e comunque la decisione spetterà all’azionista», ha puntualizzato, sottolineando che «il management in questo caso elabora le strategie che poi valuta l’azionista». «Non esiste un mandato alla mia persona — ha puntualizzato — ma uno studio precedente al mio arrivo in azienda, che ho valutato e nelle prossime settimane rielaborerò con i miei colleghi per adattarlo ancora meglio alle nostre previsioni strategiche».
Il manager, che in passato ha già guidato aziende che operano in settori regolati come Terna e Acea, ha tuttavia chiarito che «la privatizzazione non è un obbligo, perché i modelli non sono mai univoci, non esiste il ben e il male, c’è solo qualcosa che può essere applicato e qualcosa no». «Le ferrovie — ha quindi concluso — hanno una natura molto peculiare e qualunque decisione in questa direzione deve essere presa con molta cautela».
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