24.05.2025
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Economy

«Valutazioni dei dipendenti da rivedere. Ora una formazione ad hoc ai dirigenti»


Negli ultimi decenni, la pubblica amministrazione ha attraversato una significativa trasformazione, caratterizzata da riforme ispirate ai principi del New Public Management. L’introduzione di concetti mutuati dal settore privato, come la misurazione della performance, aveva l’obiettivo di rendere la Pa più efficiente e orientata ai risultati. Questo approccio ha però sollevato numerose criticità che meritano un’analisi approfondita a partire dall’inadeguatezza dei sistemi di misurazione adottati. La complessità dei servizi pubblici non si presta infatti a essere analizzata da indicatori puramente quantitativi. Come si può misurare l’efficacia di un servizio educativo o di una prestazione sanitaria? Privilegiare le analisi su ciò che è facilmente misurabile rischia di trascurare aspetti qualitativi fondamentali, come la soddisfazione dell’utente o l’impatto sociale a lungo termine. L’eccessiva standardizzazione degli indicatori, inoltre, non tiene conto delle specificità dei vari settori della pubblica amministrazione, portando necessariamente a una perdita di informazioni cruciali sulle reali prestazioni.

LA DISTORSIONE

Un secondo aspetto critico riguarda la distorsione degli obiettivi del settore pubblico. Una eccessiva enfasi sull’efficienza rischia il conflitto con principi fondamentali come l’equità e la giustizia sociale, garantiti dal mandato costituzionale. Pensiamo al mantenimento di servizi pubblici in aree remote delle nostre montagne o nelle piccole isole, che può risultare “inefficiente” secondo certi parametri, ma è socialmente indispensabile. La focalizzazione su obiettivi facilmente quantificabili rischia di trascurare aspetti più complessi, ma essenziali del servizio pubblico, mentre la visione a breve termine imposta dai sistemi di valutazione, tutti basati sulla performance, può portare a ignorare investimenti con benefici a lungo termine.

L’applicazione rigida dei sistemi di misurazione della performance ha anche generato effetti collaterali negativi sull’organizzazione interna degli enti pubblici, aumentando la burocrazia interna e sottraendo tempo prezioso all’erogazione dei servizi e conseguente stress e demotivazione tra i dipendenti. Così si erodono il senso di vocazione e lo spirito di collaborazione, indispensabili per il servizio pubblico. Va poi detto per onestà che la valutazione della performance si riduce spesso a un mero adempimento formale per gli uffici, con la compilazione meccanica di documenti che così perdono di vista lo scopo originario di miglioramento dei servizi.

Un ulteriore elemento problematico è l’inadeguatezza della classe dirigenziale nel ruolo di valutatori. Molti dirigenti non hanno ricevuto una formazione adeguata sulle tecniche di valutazione e faticano a bilanciare il ruolo di manager con quello di valutatore. Per questo le valutazioni risultano spesso superficiali o appiattite, compromettendone dunque l’oggettività e l’utilità. Evidenziare queste criticità non significa demolire l’utilità dell’analisi della performance nella Pa, ma ribadire la necessità di un approccio più equilibrato e critico. È essenziale abbandonare rigidità e automatismi per sviluppare sistemi di valutazione che riflettano la complessità dei servizi pubblici, promuovendo una cultura del miglioramento continuo, che non può prescindere da una maggiore formazione della classe dirigenziale. È tempo di cambiare passo. Solo attraverso una revisione critica e un adattamento intelligente dei sistemi di valutazione sarà possibile trasformarli da mero adempimento a strumento efficace per un reale miglioramento dei servizi pubblici con una piena valorizzazione del personale.

*Presidente Aran

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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