19.05.2025
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Economy

Valutazione Usa giù, occhi sui mercati. La Casa Bianca: troppi allarmismi


Dopo il colpo inferto venerdì da Moody’s, che ha abbassato il rating del debito statunitense da AAA ad Aa1, l’America sta con il fiato sospeso. È la prima volta dal 1917 che nessuna delle principali agenzie di rating riconosce agli Stati Uniti la massima affidabilità creditizia. L’agenzia ha giustificato il proprio passo con tre motivi principali: il debito pubblico in continua crescita (superati i 36.000 miliardi di dollari), l’assenza di un piano credibile per ridurre il deficit e il blocco politico che impedisce riforme strutturali. «Le straordinarie risorse economiche degli Stati Uniti non bastano più a compensare il deterioramento delle metriche fiscali», ha scritto l’agenzia. È stata dunque una settimana oscurata dal verdetto di Moody’s quella appena conclusa, e sarà sempre Moody’s a gettare la sua ombra sulla prossima: il 23 maggio è infatti atteso il suo giudizio sul rating sovrano dell’Italia, attualmente Baa3 con outlook stabile. Roma si presenta all’esame con lo spread Btp-Bund decennale fermo intorno alla soglia psicologica dei 100 punti base.

Intanto, Moody’s sembra aver ricevuto conferme in tempo reale dei motivi alla base del suo giudizio negativo sugli Usa: neanche a farlo apposta, è arrivato quasi in contemporanea l’affondamento della maxi-legge di bilancio voluta da Donald Trump. Il «One Big Beautiful Bill Act» — in cui si nascondono quei nuovi tagli fiscali e nuove spese per la difesa che allarmano Moody’s — è stato bocciato dalla Commissione bilancio della Camera con 21 voti contrari contro 16 favorevoli. Cinque repubblicani hanno votato con i democratici, per denunciare da opposte posizioni ideologiche l’ipocrisia di un piano che promette risparmi ma aumenta il deficit.

LE POSIZIONI
La Casa Bianca ha definito “vergognoso” il downgrade, e ha accusato Moody’s di eccessivo allarmismo. A sostenere le sue posizioni c’è il fatto che il Tesoro americano continua a vendere titoli senza difficoltà apparenti: la domanda globale resta solida, complice il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale. Trump ha poi chiesto nuovamente alla Federal Reserve, con un messaggio su Truth, di tagliare i tassi di interesse il prima possibile, accusando il direttore della Fed, Jerome Powell, di essere «un uomo leggendario per arrivare sempre in ritardo».

I segnali di allerta, comunque, sono evidenti. I rendimenti sono cresciuti al 4,5%, a riprova che gli investitori chiedono premi maggiori per coprirsi dal rischio politico. Alcuni analisti effettivamente temono nuova volatilità nei mercati azionari e obbligazionari, altri sottolineano che in realtà si tratta di una crisi di fiducia nella capacità del governo federale di governare sé stesso. La bocciatura del “Beautiful Bill” è solo l’ultima prova della frammentazione interna al partito repubblicano: da un lato i falchi del deficit, dall’altro la Casa Bianca che vuole rilanciare la crescita con stimoli massicci, e nel mezzo i moderati – come i deputati repubblicani di New York che vogliono ridurre i tagli alle spese sociali, temendo di pagare caro alle elezioni del 2026 un bilancio percepito come punitivo verso i più deboli. Lo speaker della Camera Mike Johnson ha convocato una nuova riunione della Commissione per stasera, nella speranza di salvare almeno parte del disegno di legge.

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