Dopo una settimana di volatilità Wall Street torna a crescere, spinta dai dati sui prezzi sulla produzione di luglio che nonostante siano cresciuti dello 0,1%, sono sotto le stime degli analisti che si aspettavano un aumento dello 0,2% su base mensile. Su base annuale si parla di un rialzo del 2,2% rispetto a un consensus al 2,3%: una diminuzione della pressione dei prezzi a livello industriale mostra alla Fed che si stanno creando le condizioni necessarie per un taglio.
LE MOSSE
Ieri il Dow Jones ha guadagnato quasi l’1%, lo S&P 500 oltre l’1% e il Nasdaq l’1,7%. Questo ha spinto il mercato a pensare che un miglioramento nei dati di ieri e le attese positive per la pubblicazione di oggi dell’indice dei prezzi al consumo darà finalmente alla Federal Reserve la possibilità di agire, iniziando il piano di tagli al costo del denaro, che in questo momento si trova ai massimi degli ultimi 25 anni. Il cambio di passo della Banca centrale potrebbe arrivare quasi sicuramente il mese prossimo, alla fine della riunione del 17 e 18 settembre. La Fed ha alzato i tassi a partire dal marzo del 2022 quando l’inflazione aveva superato il 9%: in questo momento si trovano nell’intervallo compreso tra il 5,25-5,50%. Inoltre i numeri positivi di questi giorni potrebbero dare una direzione al mercato dopo la profonda crisi della settimana scorsa, che aveva creato timori in tutto il mondo per un possibile collasso generale delle borse.
«Penso che i mercati si stiano allontanando in una certa misura dai dati sui prezzi statunitensi, data la maggiore enfasi su quelli sull’occupazione da parte della Fed», ha affermato Shaun Osborne, capo stratega di Scotiabank. «La mancanza di dati (al rialzo o al ribasso) può provocare reazioni di mercato più forti del solito in periodi di maggiore volatilità, come adesso», ha concluso Osborne.
L’ENTITÀ
Ci si chiede intanto di quanto la Fed taglierà il costo del denaro: l’80% degli economisti concorda che si interverrà con un quarto di punto percentuale per poi, a seconda dell’andamento dell’inflazione, procedere con altri due interventi, ma non prima del 2025.
Morgan Stanley — come tutti i maggiori osservatori americani — continua a credere che il taglio sarà di un quarto di punto, per evitare scossoni troppo forti e capire in che modo l’economia si stabilizzerà. C’è poi chi scommette che il taglio sarà di mezzo punto: dopo la pubblicazione dei dati di ieri il Cme FedWatch — uno strumento per monitorare le possibili scelte della Fed — ha portato questa possibilità dal 49% al 54%, meno del 68% raggiunto la settimana scorsa a causa dei timori di una recessione. Ovviamente un gruppo di economisti crescente crede che ormai sia troppo tardi: il rialzo estremo del costo del denaro in un periodo così breve porterà l’economia americana verso una recessione e la Fed ora ha poche possibilità di arginarla. Nonostante questo Jeremy Siegel, professore di finanza alla University of Pennsylvania crede che si debba intervenire con un taglio di emergenza dello 0,75% e poi con la stessa quantità entro la fine di settembre.
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