La rigenerazione delle città italiane può valere fino a 1.900 miliardi da qui al 2050. Di questi, 1.240 miliardi sono la quantificazione economica delle ricadute sociali per il Paese, con 855 chilometri quadrati di suolo che si potrebbero coinvolgere e 100 mila nuovi posti di lavoro attivabili. E Roma è il primo centro per potenziali investimenti. È quanto emerge dal secondo “Rapporto nazionale sulla rigenerazione urbana”, realizzato da Scenari Immobiliari con Unipol. L’analisi è stata presentata ieri a Roma, a Palazzo Altieri, al convegno “Future Cities — Rigenerazione in viaggio”. «La rigenerazione urbana — spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari — eleva la qualità della vita e lo sviluppo sociale: in Italia ci sono ancora tanti asset vetusti. Mirando al solo patrimonio immobiliare esistente, poi, il consumo di suolo è contenuto e c’è un’attenzione all’ambiente e alle persone».
Secondo il rapporto, che ha analizzato tutti i 7.904 Comuni italiani, nei prossimi 25 anni sarà disponibile per la rigenerazione in Italia quasi il 4,1% della superficie urbanizzata Con 320 milioni di metri quadri di superfici immobiliari realizzabili. Così, grazie alla riattivazione di aree, strutture, edifici, spazi pubblici, non utilizzati o sottoutilizzati, si genererebbe un fatturato industriale immobiliare di 660 miliardi. Ma ci sarebbe anche un gettito fiscale aggiuntivo per lo Stato tra i 17,5 e i 26 miliardi ogni anno.
Secondo Barbara Marinali, presidente di Acea, «la rigenerazione urbana non è solo un intervento edilizio, ma un processo che impone una visione integrata tra servizi e strutture: pianificazione urbanistica e ammodernamento delle infrastrutture. Come Acea gestiamo reti invisibili, ma essenziali per i servizi e sappiamo bene che le città che investono in infrastrutture moderne sono più resilienti, sicure e green».
«Con queste cifre — spiega a Il Messaggero Francesca Zirnstein, direttrice generale di Scenari Immobiliari — è possibile una forte spinta per la crescita del Paese. Possiamo creare valore con un patrimonio immobiliare che significa anche risposta ai problemi abitativi, maggiore domanda di lavoro e opportunità per la produzione, il commercio e i servizi (tra cui la cultura e la formazione). E quindi spazi urbani più vivibili e un aumento dei redditi e della scolarità media». In questo quadro, aggiunge, «Roma ha una dimensione di città metropolitana in sé stessa e gioca un’altra partita rispetto al resto d’Italia, con un enorme spazio di rigenerazione possibile: può significare la generazione di valore fino al 70% di quello creato nella sua dimensione metropolitana».
Gli scenari sono supportati dai numeri attuali. Quest’anno, secondo il report, la rigenerazione immobiliare ha interessato 33 chilometri quadrati nelle città italiane, con costruzioni per una superficie poco superiore a 12 milioni di metri quadrati e un valore aggiunto superiore a 15 miliardi.
L’AMBIENTE
A parte Roma, poi, i maggiori interventi di rigenerazione urbana riguardano l’ambito padano centro-orientale ed emiliano (Milano, Venezia, Reggio Emilia e Rimini) e il triangolo apulo-campano–lucano (Napoli, Foggia, Lecce e Taranto). Tra le città con più interventi potenziali pure Torino, Trento, Trieste, Genova, Firenze e Cagliari. Erano presenti al convegno anche il viceministro delle Infrastrutture, Galeazzo Bignami, assieme agli assessori all’Urbanistica di Roma Capitale, Lazio, Lombardia e Campania. C’erano poi vari rappresentanti del mondo delle imprese, tra cui: Andrea Annunziata (presidente di Adsp Mar tirreno centrale), Carlo Borgomeo (presidente di Assaeroporti), Carlo Cerami (vicepresidente di Assoimmobiliare), Giulia Costagli (Dipartimento Strategie di Rfi), Luigi Merlo (presidente di Federlogistica) e Massimiliano Morrone (ad di Unipolsai Investimenti Sgr).
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