13.12.2025
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Science

Un mare nel deserto egiziano per frenare l’innalzamento degli oceani (e non è fantascienza)


Un’idea che sembra fantascienza irrompe nel dibattito climatico: creare nuovi mari interni nei grandi deserti per togliere acqua agli oceani e rallentare l’innalzamento del livello del mare. Il caso pilota riguarda la Qattara Depression, un’enorme conca sotto il livello del mare nel deserto occidentale egiziano.

Secondo il coordinatore del progetto, Amir AghaKouchak (University of California, Irvine), il principio è semplice: riconnettere queste depressioni al mare tramite canali o gallerie, permettendo all’acqua di riempire nuovamente bacini che milioni di anni fa erano già invasi dal mare.

L’obiettivo è duplice: creare un “pozzo” permanente che sottragga acqua agli oceani e produrre benefici locali.

«Inland Sea Reflooding è la riconnessione di grandi bacini sotto il livello del mare all’oceano per creare mari interni stabili», spiega il ricercatore. Il riempimento della Qattara, profonda fino a 133 metri, potrebbe togliere dagli oceani centinaia di chilometri cubi d’acqua, traducendosi in una riduzione globale del livello marino di pochi millimetri. Evaporazione e continui flussi d’acqua potrebbero poi mantenere nel tempo questo effetto.

La Qattara è considerata un sito ideale per tre motivi. Grande estensione, clima arido che favorisce l’evaporazione e vicinanza al Mediterraneo. «Qattara ha attributi rari: ampia area, forte evaporazione, e un collegamento relativamente corto al mare», afferma AghaKouchak.

Il progetto porterebbe sfide enormi: impatti ecologici, rischio per falde e habitat desertici, governance internazionale, gestione degli insediamenti locali. Ma ci sarebbero anche potenziali vantaggi: energia rinnovabile nella fase di riempimento, acquacoltura, turismo, nuova biodiversità acquatica. «È una soluzione complementare, non sostitutiva della riduzione delle emissioni — chiarisce lo scienziato — dobbiamo valutare con rigore benefici e svantaggi, non affidarsi a ipotesi».

Altre depressioni candidate includono il Mar Morto e la Danakil Depression in Etiopia. Tutte, però, richiederebbero accordi geopolitici complessi e analisi ambientali molto approfondite.

AghaKouchak insiste: questi progetti non sono scorciatoie, ma possibili contributi marginali, studiati per capire se, quanto e dove possano funzionare davvero. “Il nostro compito è fornire evidenze solide”, conclude, “così che governi e comunità possano decidere consapevolmente”.


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