12.12.2025
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Politics

«Un grande orgoglio. Ci guadagna il Paese»


Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e della sovranità alimentare. La cucina italiana entra a far parte del patrimonio Unesco. Cosa significa per il nostro paese?

«Vuol dire veder riconosciuto un settore di qualità, l’insieme delle nostre produzioni che include i nostri custodi del territorio — agricoltori, allevatori, pescatori — i trasformatori che garantiscono prodotti di altissimo livello, e poi i ristoratori, il personale di sala, i cuochi. Tutti quelli che fanno parte di una filiera agroalimentare di successo e che oggi vedono riconosciuto il valore di quello di cui fanno parte dall’umanità intera. Essere la prima cucina al mondo, nella sua interezza, ad ottenere questo riconoscimento è motivo di grande orgoglio, ma anche di consapevolezza del valore che questo risultato avrà in termini economici».

C’è già un’idea dell’impatto che potrà avere?

«Il raggiungimento di questo traguardo incentiverà la valorizzazione della nostra ristorazione, che già rappresenta il 20% della ristorazione nel mondo. Questa diplomazia parallela permetterà anche di mettere in contatto le nostre filiere di produzione con il grande pubblico, creando nuova domanda e aumentando il nostro export. Da ultimo, la capacità di attrarre ulteriore turismo, visto che il cibo è legato al territorio: si pensi alla burrata di Andria, alla nocciola delle Langhe o, ancora, all’aceto balsamico di Modena».

Sarà più facile, d’ora in avanti, contrastare contraffazioni e imitazioni?

«Garantire la protezione di un bene immateriale dell’Unesco equivale alla possibilità concreta di difenderci dall’italian sounding. Sarà uno strumento per difenderci dall’aggressione e dal depauperamento della nostra ricchezza, sempre più spesso causata da fenomeni imitativi delle produzioni di qualità italiane».

Come è stata salutata questa notizia dalla politica?

«Ovviamente si tratta di un risultato accolto all’unanimità dal Parlamento. Il Presidente della Repubblica, che ho informato personalmente, si è compiaciuto di questo ulteriore riconoscimento al valore della nostra nazione e della nostra cultura. Si tratta di un lavoro che appartiene a tutta l’Italia. È un traguardo che dimostra che ci sono cose che ci dividono, di cui parliamo quotidianamente, ma anche cose che ci uniscono profondamente e la cucina è una di queste»

Come è stato l’iter per arrivare fin qui?

«Molto complesso direi. Da anni il mondo della nostra produzione e importanti riviste di settore chiedevano di candidare la cucina italiana. Una richiesta mai recepita dai governi precedenti e che noi abbiamo deciso di accogliere il 23 marzo del 2023. Per due anni abbiamo lavorato quotidianamente insieme alla nostra diplomazia per riuscire a costruire un’immagine che convincesse le 24 nazioni votanti. Abbiamo fatto viaggiare la cucina sulla nave Amerigo Vespucci, l’abbiamo mandata nello spazio con l’astronauta Walter Villadei, l’abbiamo fatta viaggiare sui treni, organizzando incontri che rappresentassero al meglio tutte le sue declinazioni».

Il via libera dell’Unesco arriva in un momento complicato per il made in Italy, alle prese con i dazi americani. A gennaio c’è il rischio che scatti il dazio antidumping che potrebbe portare le imposizioni sulla pasta al +108% circa….

«Speriamo di riuscire ad evitare qualsiasi ulteriore aggravio per il sistema tariffario, che rappresenterebbe un problema per qualsiasi paese esportatore come il nostro. Tuttavia, chi aveva previsto tracolli dell’export sta rimanendo deluso: il nostro export, specie nell’agroalimentare, continua a crescere e scommetto che continuerà a farlo anche nel mercato statunitense che non rinuncerà al valore dei nostri prodotti».

Nell’elenco dei prodotti graziati dai balzelli è possibile che rientri anche il vino o altri simboli del made in Italy?

«Sul vino l’auspicio è di arrivare a eliminare i dazi, ma il nostro lavoro deve essere quello di convincere gli amici statunitensi che le economie democratiche, quella nordamericana ed europea, devono rafforzarsi. Viceversa, nazioni autocratiche, o addirittura dittature, si mostreranno più competitive sul piano internazionale e questo costituirà un grande pericolo per la democrazia».

Martedì, nella conferenza stampa di fine anno al Masaf, ha fatto il bilancio delle politiche messe in campo nel 2025. Ci sono già degli obiettivi fissati per il 2026?

«Il prossimo anno verrà approvata in via definitiva il Coltivaitalia, ma anche il ddl per la protezione agroalimentare, che introduce nuove sanzioni in caso di truffe. Metteremo a terra gli investimenti ingenti mai registrati prima nella storia della Repubblica: in tre anni abbiamo stanziato più di 15 miliardi per il settore primario».


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