16.05.2025
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Politics

Ue, l’asse franco-tedesco ora si riveglia più debole. La doppia “anatra zoppa” di Parigi e Berlino: Macron costretto alla coabitazione


ROMA Due anatre zoppe possono guidare l’Unione Europea? Soprattutto, possono farlo se bisogna fronteggiare sfide cruciali come la guerra in Ucraina, la necessità di creare una difesa europea integrata con la Nato, varare riforme istituzionali per restituire alla UE a 27 un’effettiva capacità decisionale, negoziare il bilancio comunitario dopo il 2027, mettere a fuoco la politica dell’immigrazione? Il presidente francese, Emmanuel Macron, è costretto alla coabitazione con un governo che in ogni caso non potrà essere quello a sua immagine e somiglianza di Gabriel Attal, anche se ha scongiurato il rischio di un esecutivo sovranista di Le Pen-Bardella. E, poi, nel 2027 non potrà ricandidarsi, per via dei due mandati all’Eliseo. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz, a sua volta, ha incassato una cocente sconfitta nelle europee, e assiste al successo dell’estrema destra di Afd che potrà crescere ancora nelle elezioni di settembre in tre Stati dell’Est. Ne consegue che comincia a perdere colpi il tradizionale motore franco-tedesco dell’Unione.

LO SCENARIO

Non solo in Francia, ma soprattutto in Italia, Olanda e Finlandia i movimenti che si presentano come difensori delle “persone comuni” contro l’establishment, sia nazionale che europeo, sono forze maggioritarie o di governo. E oltre oceano incombe la prospettiva della vittoria, il prossimo 5 novembre, di Donald Trump alle presidenziali americane, un neoisolazionista che non considera più tabù rifiutare l’assistenza militare ai partner Nato, a dispetto dell’art. 5 sul mutuo soccorso in caso di attacco, e teorizza il disimpegno e un ruolo meno attivo (e combattivo) della Nato in Europa. Sulla carta, il terremoto politico delle elezioni francesi, la forte avanzata al primo turno del Rassemblement National di Marine Le Pen, la vittoria di rimbalzo del Fronte popolare della sinistra unita grazie alla desistenza con Ensemble, non modificherà sostanzialmente le scelte di Parigi nell’Unione. Anche se Macron è sconfitto e indebolito, politica estera e di difesa e dissuasione nucleare restano appannaggio del Presidente, ricorda Jacques Attali (che la “coabitazione” l’ha vissuta da “eminenza grigia” di Mitterrand). Non c’è dubbio che l’inquilino dell’Eliseo e non quello di Matignon sarà il volto e la voce della Francia nel consesso europeo e internazionale. Certo, però, Macron non avrà la stessa forza. A differenza di Mitterrand, non si potrà ricandidarsi. E non ha il carisma, la popolarità, la “regalità” del predecessore socialista. Si muove bene nel sottobosco delle nomine. Nei giorni scorsi, ha blindato Thierry Breton commissario Ue in cambio dell’appoggio a Ursula von der Leyen a capo della Commissione. E ha indicato un suo uomo nella casella strategica di vicecapo di gabinetto della stessa Von der Leyen. Non va sottovalutata, poi, la circostanza della presidenza di turno del Consiglio europeo al premier ungherese Viktor Orbán, sovranista e filorusso, accusato di leggi restrittive della libertà di stampa e autonomia della magistratura. Esclusi i settori strategici, esteri e difesa, in cui Macron continuerà a esercitare il potere di indirizzo e rappresentanza a Bruxelles (per quanto con toni prudenti e senza più avanzare ipotesi avventate come l’invio di soldati occidentali in Ucraina), resta da vedere se il governo che nascerà si concentrerà su salari e inflazione, immigrazione, cambiamenti climatici, politiche energetiche, agricoltura e diritti civili. Sull’onda delle politiche pragmatiche del governo Meloni, che punta fra l’altro a accordi bilaterali coi Paesi di provenienza dei flussi, l’atteggiamento della Ue è cambiato. Politicamente, con l’indebolimento dell’asse Parigi-Berlino e di un europeismo dettato nelle grandi linee dalle “classi dirigenti” e dall’alta burocrazia, viene meno anche quel cordon sanitaire (alla francese) che per decenni ha isolato e sterilizzato qualsiasi estremismo. Mentre in Francia prevalgono oggi gli estremisti, di destra e di sinistra. Bisognerà anche vedere se la pressione del RN di Le Pen-Bardella porterà la Francia a una più netta rivendicazione dei propri interessi nazionali. Non è prevedibile invece, al momento, un cambio drastico di linea nei confronti della guerra in Ucraina o dei rapporti con la Cina.

 

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