Atterra nel tardo pomeriggio nella capitale americana, prende posto nelle stanze di un centralissimo hotel all’ombra della Casa Bianca. Giorgia Meloni ha studiato a lungo il summit della Nato che la attende insieme a trenta leader europei e Joe Biden. Sono altre però le incombenze che la inseguono oltreoceano.
Elezioni Francia, Meloni si rafforza nella Ue: è l’unica destra di governo
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Fra nove giorni l’Europarlamento deciderà il destino della prossima Commissione Ue e di Ursula von der Leyen. Per il bis, la tedesca non può dormire tranquilla: deve incassare i 24 voti di Fratelli d’Italia. La premier italiana, dal canto suo, chiede un riconoscimento «all’altezza» della terza economia europea. Cioè una vicepresidenza esecutiva e la delega al Bilancio e al Pnrr per Raffaele Fitto, braccio destro con le valigie pronte per Bruxelles. Tutto chiaro, molto meno come la trattativa andrà in porto. In questi giorni la presidente del Consiglio ha confidato ai suoi consiglieri più stretti: «Non so se ce la fa». Sfoglia il pallottoliere dell’Eurocamera, la leader di Fratelli d’Italia, e su una cosa va convincendosi con i suoi colonnelli in Ue e a Palazzo Chigi: al netto dei voti di FdI, non è affatto detto che “Ursula” abbia i numeri per passare.
Si mettono in conto colpi di scena nei caminetti del governo. Anche un piano B: tra i nomi che tornano come rimpiazzo di von der Leyen, il premier greco Mitsotakis e il ministro degli Esteri Antonio Tajani, colonne dei Popolari. Nulla è scontato e chissà che uno squarcio nella nebbia che avvolge i negoziati europei non si apra qui a Washington, dove Meloni già oggi pomeriggio incontrerà tutti i grandi leader del Continente e domani si attovaglierà con loro alla cena offerta da Biden. Von der Leyen, Scholz. Emmanuel Macron, il presidente dimezzato dalle elezioni di domenica: metà vincitore — ha fermato Le Pen e l’ultradestra — metà in gabbia con l’arcirivale Melenchon e l’estrema sinistra che reclamano Palazzo Matignon. Sono ore di analisi a Palazzo Chigi. Meloni non versa lacrime per Le Pen: tra le due non scorre buon sangue e l’inaugurazione del supergruppo sovranista a Bruxelles insieme alla Lega, un po’ meno super dopo la batosta elettorale, non aiuta.
IL VOTO IN FRANCIA
Sperava, questo sì, in una spallata all’inquilino dell’Eliseo che è arrivata solo a metà. Ma si consola con altri ragionamenti. Da un lato l’uscita degli spagnoli di Vox, dall’altra i “Patrioti” euroscettici e filorussi che si compattano in Ue, aprono un varco per Fratelli d’Italia. Ne fanno il partito più centrista (e, spera lei, centrale) della destra europea, in grado di trattare con più agilità politica con i popolari e gli altri mazzieri a Bruxelles. Una “terza via”. Nel bicchiere mezzo pieno agitato dalla premier, la consapevolezza di essere uno dei pochi leader europei in piedi e in buona salute politica, in un conclave pieno di leader azzoppati dalle urne. Il derby sui top jobs europei proseguirà qui in America. E si giocherà soprattutto con i francesi, che a von der Leyen chiedono come l’Italia una vicepresidenza di diritto e i portafogli economici che fanno gola a Roma: mercato unico o Bilancio e Pnrr. Poco più di una settimana, poi il triplice fischio.
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