17.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

Ue, il processo a Orban senza sanzioni (per ora). Nasce il gruppo di Afd


Oltre due ore con le spalle al muro. Più di un semplice avvertimento, meno di un ultimatum; ieri, nella consueta riunione del mercoledì, gli ambasciatori dei Paesi dell’Unione europea hanno, quasi all’unanimità, mandato un messaggio chiaro all’Ungheria: basta con le fughe in avanti; le missioni in solitaria del primo ministro magiaro Viktor Orbán «non rappresentano l’Unione ma solo il suo Paese». Approfittando della confusione creata dal contemporaneo semestre di presidenza del Consiglio, però, l’autocrate di Budapest si è mosso nei giorni scorsi tra Mosca e Pechino, stringendo le mani del presidente russo Vladimir Putin e del capo di Stato cinese Xi Jinping, in nome di un’autoproclamata strategia per la pace in Ucraina senza il mandato né di Bruxelles né di Kiev. Con i consiglieri fuori dalla stanza per consentire un confronto il più franco possibile (e senza esclusione di colpi), secondo le ricostruzioni non sarebbero tuttavia arrivate risposte convincenti dall’ambasciatore ungherese presso l’Ue Bálint Ódor. 

Per il momento, però, i governi non vanno oltre al cartellino giallo. E non arrivano, quindi, conseguenze immediate o paventate sanzioni come l’interruzione della presidenza ad appena dieci giorni dal suo inizio. In 25 ambasciatori su 26 (assente dal coro solo il rappresentante della “rossobruna” e alleata Slovacchia) hanno affrontato il collega ungherese con varie sfumature. Dai più oltranzisti determinati ad andare allo scontro diretto evocando la violazione dei Trattati, come Polonia e baltici; e altri più moderati, che hanno condannato l’opportunità delle iniziative di Budapest facilmente fraintendibili, visto anche l’uso del logo ufficiale del semestre in vari casi. 

COOPERAZIONE LEALE
Tutti d’accordo (a 25), però, su un punto: «La presidenza di turno ha un dovere di cooperazione leale, deve rispettare le comuni posizioni Ue e ha un obbligo di consultare gli altri in materia di politica estera», un ambito in cui «in ogni caso, non ha il potere di rappresentare l’Unione europea». «Altro che tornare a fare grande l’Europa, come dice il suo slogan; Orbán serve gli interessi russi», ha sintetizzato un disilluso diplomatico europeo.
Intanto, il campo della destra radicale che a inizio settimana aveva visto la nascita del gruppo dei Patrioti sotto la regia proprio di Orbán, ieri si è arricchito di un ulteriore attore: la formazione dell’”Europa delle nazioni sovrane” (Esn). 

IL NUOVO EUROGRUPPO
Può contare su 25 eurodeputati in rappresentanza di 8 Paesi diversi, appena sopra la doppia soglia di 23 eletti e 7 Paesi prescritta dal regolamento. L’azionista di maggioranza è l’Alternative für Deutschland (AfD) tedesca, con quattordici eletti, ma resta confermata l’esclusione del controverso ex capolista Maximilian Krah, che si è dimesso un mese fa dal Comitato esecutivo federale dell’Afd a seguito di pressioni ricevute dagli alleati di destra per alcune dichiarazioni controverse sulle SS naziste. Seguono esponenti filorussi come i polacchi di Konfederacja e i bulgari di Vazrazhdane, ma pure schegge dell’ultradestra di Francia (l’ultima rimasta in Reconquête, ex Ecr), Ungheria, Lituania, Repubblica Ceca e Slovacchia. 

Il destino, però, non sarà dissimile da quello destinato ai Patrioti, il partito fondato da Viktor Orban, dall’ex premier ceco Andrej Babis e dal presidente del Freiheitliche Partei Österreichs, Herbert Kickl. Anche i sovranisti si vedranno sbarrare la strada dal cordone sanitario eretto dai gruppi pro-Ue. Da escludere che parlerà con loro Ursula von der Leyen nella sua tournée tra i gruppi del Parlamento alla ricerca dei voti per assicurarsi il nuovo mandato, nello scrutinio segreto di giovedì prossimo (la conferma della calendarizzazione arriverà oggi, al termine della capigruppo).

LA MAGGIORANZA
Lunedì, la presidente-bis in pectore vedrà la sinistra di the Left e martedì i conservatori dell’Ecr della premier Giorgia Meloni. A cui, tuttavia, non prometterà un ingresso strutturale in maggioranza, avrebbe garantito ieri incontrando separatamente i liberali e i verdi dell’Eurocamera. Un ruolo organico (e non un mero appoggio esterno), invece, lo rivendicano proprio gli ecologisti tra le loro condizioni, nonostante le forti resistenze tra i popolari. La decisione sul sostegno o meno, dicono, arriverà verosimilmente «giovedì stesso, dopo aver ascoltato il discorso programmatico» della tedesca davanti alla plenaria. 

Dove i verdi si aspettano di ritrovare molte delle loro priorità, a cominciare dal Green Deal sì, ma calibrato sulle esigenze dell’industria dell’Unione europea e della competitività, «un tema che vediamo presente nelle agende di altri gruppi».

L’apertura di credito lascia la palla nel campo di von der Leyen; o meglio, nella sua penna: con i ribelli della maggioranza che non indietreggiano (sloveni del Partito popolare europeo e irlandesi di Renew Europe sarebbero intenzionati a confermare il voto negativo), il discorso dovrà rassicurare tutti i potenziali alleati senza scontentare nessuno. 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]